
L’Europa al bivio tra tragedia e farsa
14 Febbraio 2025
Laguna o palude?
19 Febbraio 2025Mi è stato rimproverato, con qualche ragione, di essere stato troppo criptico e involuto nel mio ultimo editoriale. In cui parlavo di quale ampio coinvolgimento sociale dovrebbero costruire preventivamente coloro che si apprestano ad imprese politiche di grande rilievo, da mettere in atto per dare soluzioni a situazioni gravi, cronicizzate nella loro immobile e permanente crisi, con il coinvolgimento diretto di migliaia, in alcuni casi milioni di persone.
Che cosa intendevo?
Ciò che ho appena detto: chi ha questo obiettivo, a prescindere dall’oggetto politico e alla scala geografica a cui si applica, deve avere alle spalle un consenso ampio prima di tutto sul piano dei corpi sociali intermedi, quelli che dialogano tra le istituzioni e la base sociale, un consenso da acquisire prima ancora che ottenerlo direttamente dall’ elettorato al momento del voto. Non solo. Arrivavo a dire che chi vuol compiere un’impresa deve anche interloquire con quei settori sociali ed economici che potrebbero veder compromesse le loro rendite di posizione da un’azione incisiva di contrasto a certe malattie che quelle stesse rendite determinano. Avvertendo che si va avanti lo stesso e che c’è convenienza a non acuire le malattie, alla lunga controproducenti anche per chi al momento pensa di avvntaggiarsene.
A chi e a che cosa mi riferivo specificatamente?
Su questo devo essere sincero. Avevo in mente, anticipando i suoi tempi, l’avvocato Alessio Vianello, regista e curatore del libro “Futuri di Venezia”. Nel quale, attraverso gli apporti di molti autori, sono sciorinate in varie mosse le azioni in grado di sollevare, per rilanciarla, la grave situazione cittadina veneziana, sia nella città d’acqua che nella terraferma. Pena non la catastrofe o una imminente morte definitiva annunciata, ma un declino lento e un ridimensionamento verso una condizione non rilevante, in cui si subiscono passivamente i problemi, mantenendoli tutti irrisolti nella routine e nel cabotaggio quotidiano. Avevo in mente quel testo e la possibilità, da Alessio Vianello stesso mai esclusa, di una sua candidatura alla guida della città come sindaco sulla base programmatica di quel libro. Che ha il pregio della concretezza delle proposte, coraggiose, molto impegnative, ma realizzabili ad alcune condizioni fondamentali.
La prima è quella del consenso sociale già ampiamente illustrata. E, neanche mi avesse letto nel pensiero, Alessio Vianello questa operazione la sta già svolgendo e dovrebbe continuare a svolgerla per ottenere garanzie sempre più rassicuranti. La seconda condizione risponde alla domanda: con quale alleanza o formula politica? È ancora tutto da vedere, seppure lui abbia già fatto intendere di privilegiare il centro sinistra. Eppure, ancora, non è questo il punto prioritario.
Perché questa domanda, sicuramente ineludibile, va accompagnata a parer mio da un preambolo politico che fa i conti sul tempo lungo che ‘Futuri di Venezia’ prevede per portare a termine la missione del rilancio della città. Una condizione che si è cronicizzata da oltre mezzo secolo, pur con l’aggravarsi veloce dal 2000 in avanti, non si risolve con una consiliatura/sindacatura di cinque anni e probabilmente neppure con due. L’arco temporale, del resto previsto nel libro, è di vent’anni
Certo, essere sindaco nel 2026 è il primo valico obbligato da scollinare per mettersi alla prova direttamente senza delegare, e per passare subito con le necessarie calma e fermezza dalla teoria ai fatti. Ma i tempi lunghi devono mettere nel conto le variabili oggi non prevedibili, ma sempre possibili, anche per cause esterne, come il cambiamento di maggioranza e quindi anche di sindaco. Come dire: il sindaco prima o poi potrà cambiare, ma il percorso previsto dai ‘Futuri’ va portato comunque a termine, almeno negli aspetti portanti, dal momento che interessa tutta la comunità cittadina, ben oltre le differenze politiche. In definitiva si può fin d’ora ipotizzare che prima o poi ci possa anche essere un cambio di sindaco, ma non si può cominciare l’iter del programma di “Futuri” pensando che in qualsiasi momento possa essere interrotto e stravolto, come accade di solito con i cambi ordinari di maggioranza.
In tutta onestà per essere interrotto e stravolto non val la pena neppure cominciare.
Bisogna essere chiari: il bipolarismo piuttosto netto della formula politica con cui si elegge il Sindaco e il Consiglio Comunale, attraverso la legge elettorale che la determina, non consente maggioranze fondate su Große Koalition, una sorta di riduzione locale dell’attuale maggioranza in Europa che si basa su un consenso sufficientemente ampio da consentire una certa ( una ‘certa’) stabilità e soprattutto un’assunzione di responsabilità sul tempo lungo (stabilità per altro anche in Europa relativa e sempre minata dall’aggressività e dalla crescita di consenso degli estremi). E tuttavia questa impossibilità, in nome della logica dell’alternanza, che ha altri aspetti positivi come la stabilità sui tempi brevi, per i tempi lunghi costituisce un problema che ci si deve porre se l’orizzonte programmatico è sulla distanza dei decenni.
Per questo gli attori politici che si muovono in città come portatori di una candidatura a Sindaco, e l’avvocato Vianello tra di essi, già nella fase preelettorale, se hanno veramente a cuore le sorti della città prima della loro parte politica, dovrebbero inaugurare una metodologia nuova. Il rituale pre-elettorale che ci fa vedere sempre lo stesso film con candidati che per necessità di propaganda accentuano le differenze e ingaggiano duelli all’arma bianca in cui fanno emergere strumentalmente posizioni totalmente inconciliabili, andrebbe abolito o ragionevolmente molto ridimensionato. Per essere sostituito da un atteggiamento nuovo che cerca accordi tra le diverse parti elettorali sui temi di fondo, quelli che hanno bisogno di continuità nel tempo, relegando le differenze ad altri aspetti secondari, (per quanto non così marginali e tali da giustificare comunque una pluralità di candidature diverse).
Per essere ancora più chiari basta enunciare alcuni temi chiave, ormai arcinoti fino a noia, per il Comune di Venezia: sicurezza e necessità di rigenerazione e di qualificazione urbana in terraferma, residenza e overtourism soprattutto nella città d’acqua ( ma non solo), mobilità per entrambe e carenza di lavori differenziati e/o di qualità alta e/o attrattivi, ancora per entrambe. Per questi temi c’è già un accordo generalizzato sulla loro centralità e sulla gravità dei problemi connessi, perché grazieaddio nessuno li nega – e vorrei vedere -, ma l’onestà intellettuale dei prossimi candidati dovrebbe portare ad una convergenza di massima anche sulle soluzioni.
Del resto le soluzioni, come ogni impresa umana che mira all’efficienza, si dovrebbero sempre muovere su una base misurabile e in qualche modo scientifica, anche anticipando il futuro e sapendo che a date azioni può corrispondere solo quel risultato risolutivo (e il libro ‘Futuri di Venezia’ si muove proprio con questo metodo, ben rappresentato nel titolo). Se c’è uno sforzo in questo senso, che non andrebbe chiesto solo all’avvocato Vianello, qualora la sua possibile candidatura andasse avanti, ma anche ai suoi competitor, allora anche l’andamento della consiliatura può riflettere la logica dell’accordo stabilita con il preambolo. Le delibere e gli ordini del giorno votati all’unanimità o a larghissima maggioranza non dovrebbero costituire dal ’25 in poi quella rarità di questi mesti anni tra il ’15 e il ’25, emersa solo sui rarissimi temi non divisivi e di convergenza quasi scontata. Dovrebbero al contrario ricorrere, in aula e nelle commissioni, con una certa frequenza tutte le volte in cui ci sono in ballo scelte che riguardano le soluzioni dei temi centrali e gravi sopra ricordati.
Certo per giungere a questo metodo innovativo un ulteriore prerequisito è ottenere una radicale bonifica del clima politico e sociale complessivo in città, visto che dieci anni di muro contro muro tra maggioranza e opposizione hanno generato una tossicità mai riscontrata nella politica cittadina dal dopoguerra ad oggi e che costituisce il più rilevante ostacolo a qualsiasi progettualità che guardi lontano verso un rilancio di grande portata.
Il segnale della bonifica del clima politico va perciò dato già nella fase preelettorale e posto come condizione preliminare per qualsiasi progettualità di alto profilo. La bonifica è pre-condizione per concordare su una rosa ristretta ma incisiva di soluzioni.
Mi rendo conto che la cosa è facile a dirsi e ben più difficile a farsi.
Non posso non osservare infatti che la responsabilità di partenza nell’avvelenamento delle relazioni politiche, già a partire da dieci anni fa, ricade sul Sindaco ancor oggi in carica, che inaugurò un nuovo stile piglia tutto, contrassegnato dall’incapacità anche solo di ascolto. Che poi era l’applicazione alla politica di un carattere personale scostante e inutilmente autoritario, come hanno ampiamente ammesso recentemente i suoi stessi sodali di giunta. E devo però parimenti osservare che l’opposizione, seppure maggiormente ancorata ai contenuti politici, è caduta da subito nella trappola mettendoci del suo nell’ammorbare il clima. Indotta, appunto, da contenuti politici contrassegnati da una radicalità estrema e immobilizzante, che avrebbero portato al muro contro muro anche con il più dialogante e disponibile dei sindaci. Tuttavia l’ormai certa non ricandidatura di Luigi Brugnaro e un auspicato benefico rinnovamento di tutto il Consiglio Comunale dovrebbe spianare la strada ad una stagione nuova in cui far prevalere il senso di responsabilità di fonte al bivio in cui si trova la città. Di fronte all’ “ultima chiamata” per Venezia, come significativamente il libro “Futuri” definisce il senso complessivo di questa ardua impresa.