
Emergenza educazione all’affettività
8 Dicembre 2024
La vexata quaestio del Centro politico
19 Dicembre 2024Il CENSIS ha puntualmente pubblicato a fine anno il suo Rapporto su La società italiana al 2024, descrivendo un quadro completo e approfondito dell’Italia, sotto i più vari aspetti, sociale, economico, politico. L’istituto ha una tradizione di eccellenza, fondato da Giuseppe De Rita e svolge da oltre 60 anni un’attività di studi, ricerca, consulenza e assistenza tecnica in campo socio-economico, e per questo dovrebbe essere oggetto di grande attenzione soprattutto da politici e governanti.
La nota con la quale viene caratterizzata l’Italia di oggi è la sindrome di galleggiamento. In un quadro globale nel quale l’Europa non è più da tempo il centro del mondo, non ha una politica comune e anche ha fatto molti errori in alcune scelte economiche, dalle scelte industriali relative alla transizione climatica rovinando il settore auto e lasciando a cinesi e americani il primato nella tecnologia dell’auto elettrica e delle batterie. Inoltre, la guerra in Ukraina ha avuto un impatto negativo sull’economia della Repubblica Federale Tedesca il cui punto di forza era il gas a basso prezzo proveniente dalla Russia. E la Germania ha un peso assai importante nel nostro export.
L’Italia, oltre a uniformarsi alle tendenze europee, ha una storia di mancato sviluppo economico, dato che nei 20 anni prima del Covid (secondo l’OECD), il PIL/pro-capite è rimasto fermo, o meglio è leggermente sceso mentre in tutti gli altri paesi aderenti è salito, Grecia esclusa, con un +28% della Svezia, 20% della Germania, 13% della Rep. Fed. Tedesca e un 17% della mediterranea e latina Spagna. La ripresa dopo il Covid è stata leggermente più dinamica, e il governo se ne vanta. I dati sinteticamente riportati dal CENSIS a partire dal 1963 sono comunque i seguenti:
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I salari e gli stipendi non si sono adeguati all’inflazione. Di qui gli scioperi che anche in questi giorni ci affliggono e che colpiscono servizi fondamentali quali la sanità oltre al trasporto pubblico, con un impatto sulla spesa del cittadino. Ad esempio, il turismo nel 2024 ha avuto una vera esplosione, ma a causa degli arrivi degli stranieri mentre l’italiano, almeno quello che andava in ferie, ha ridotto il numero di giorni.
L’impatto della crisi Stellantis e della chiusura di molti stabilimenti tedeschi nei confronti dell’indotto non hanno avuto ancora eco nelle statistiche, perché tecnicamente i primi tre mesi di cassa integrazione non incidono sui dati dei non occupati. Oltre all’automotive è in crisi anche il settore moda/lusso, mentre soffrono di carenza di manodopera adeguatamente formata e preparata.
Il cittadino ha avuto di conseguenza una caduta della fiducia innanzitutto nella democrazia, se oltre al fenomeno dell’astensione dal voto il 58% dichiara di non credere nelle istituzioni democratiche. Il 49,6% crede che il futuro sarà condizionato dai cambiamenti climatici e dai recenti eventi atmosferici catastrofici, per il 46,0% dalla piega che prenderà la guerra in Medio Oriente, per il 45,7% dal rischio di crisi economiche e finanziarie globali, per il 45,2% dalle conseguenze dell’aggressione russa all’Ucraina, per il 35,7% dalle migrazioni internazionali, per il 31,0% dalla guerra commerciale e dalle tensioni geopolitiche tra Stati Uniti e Cina, per il 26,1% dagli stravolgimenti prodotti dalle innovazioni tecnologiche. E la sfiducia nelle istituzioni riguarda anche l’Europa, essendo diffusa l’opinione che l’Unione europea sia una sorta di guscio vuoto, inutile o dannoso, se il 71,4% degli italiani è convinto che, in assenza di riforme radicali e di cambiamenti sostanziali, sia destinata a sfasciarsi definitivamente.
Il tutto condito da una grande e diffusa ignoranza, scarsa istruzione e scarsa comprensione dei fattori del rapido cambiamento, il lavoro non concepito come strumento di soddisfazione personale ma solo come mera necessità di guadagno per la sopravvivenza e senza opportunità di salire nella scala sociale, come anche lo studio. La percezione di un blocco dell’ascensore sociale è molto generalizzata, pari al 85,5%.
Tutto questo non favorisce la partecipazione, ma la sfiducia nella democrazia liberale associata alla corruzione e all’idea che i politici non facciano gli interessi della collettività ma quelli propri e delle lobby che rappresentano.
Il calo demografico ha fatto scendere il numero dei giovani i quali hanno prevalentemente in testa l’apocalisse. Questa sensazione, unita alla prospettiva di godere di maggiori eredità, provoca in loro una concezione del lavoro soltanto come mezzo di sostentamento, non come occasione di crescita personale e sociale. E così spesso anche lo studio. Inoltre, il calo delle nascite tende a far diminuire lo spirito d’iniziativa imprenditoriale, a puntare sull’eredità e avere un atteggiamento da rentier.
Questa è una sintesi veloce. Il Rapporto è ricchissimo e affronta tutti gli aspetti di una società, quella italiana, che è definita un po’ meticcia, avvezza a mescolare valori e significati, persone e comportamenti. Un po’ occidentale e un po’ mediterranea, levantina e mediorientale, contadina e cibernetica, poliglotta e dialettale, mondana e plebea. Non siamo più una società in corsa tuonante per lo sviluppo, ma nemmeno siamo diventati un popolo di poveri diavoli destinati a rimanere miserabili. Di qui il galleggiamento, un atteggiamento che definirei di attesa, di scarsa fiducia e d’incertezza. Un segnale di decadimento rispetto al Rapporto del 2019, pre-Covid, dove si poneva l’accento sul rancore, che nelle elezioni del 2018 era sfociato nel populismo, col successo dei 5Stelle e della Lega . Il tutto confermato dai dati sull’astensione crescente dal voto. Se quindi prima si cercava uno sbocco, oggi si è diffusa una sorta di rassegnazione, che tuttavia può non essere priva di pericoli in futuro. Si legge testualmente nell’introduzione al Rapporto: all’erosione dei percorsi di ascesa economica e sociale del ceto medio si sta accompagnando la messa in discussione dei grandi valori unificanti del passato modello di sviluppo (il valore irrinunciabile della democrazia e della partecipazione, il conveniente europeismo, il convinto atlantismo.
Alcune tendenze rilevate non sono solo italiane, ma caratterizzano tutto l’Occidente, pur in misura diversa. La crisi della Francia lo conferma, anche se lì la reazione all’immigrazione è più dovuta alla difficoltà o mancanza d’integrazione che non ai nuovi flussi di arrivi. Vediamo comunque che il vento di destra è generale anche se altrove il tasso di sviluppo economico è stato, come detto sopra, assai più dinamico rispetto all’Italia. La Svezia che nei 20 anni pre-Covid ha registrato un PIL pro-capite cresciuto del 28%, ha registrato aumenti del consenso elettorale a destra causa la percezione diffusa di un eccesso di immigrazione non integrata. Gli USA hanno rieletto Trump credo prevalentemente per la reazione vs. l’immigrazione, malgrado Biden non abbia mutato sostanzialmente politica rispetto alla precedente presidenza Trump. In sostanza, la globalizzazione ha allargato la forbice ricchi/poveri, la ricchezza si è sempre più concentrata in poche mani, aumentano i superricchi ma soprattutto la povertà e i c.d. working poors, ossia quelli che pur lavorando sono sottopagati e non arrivano a fine mese. In Italia in particolare, il binomio mancato sviluppo e debito pubblico elevato si sono tradotti in tagli nel welfare a cominciare dalla sanità. L’inflazione ha diminuito il potere d’acquisto di salari e stipendi, aumentando il disagio delle fasce sociali più deboli e i poveri oggi ammontano a oltre 5.5 milioni, pari a un italiano su 10!. La casa costa sempre di più e crescono i senza tetto.
Il governo, obiettivamente, ha ereditato una situazione difficile. Mancano i soldi, il debito è alto non solo rispetto ai parametri imposti dalla EU, ma pure in termini di credibilità finanziaria nei confronti dei sottoscrittori dei ns. titoli di Stato. Permangono larghe fette di evasione e, oso dire, abbiamo dei partiti al governo che hanno un orticello elettorale persino favorito in questo senso, vedasi l’introduzione progressiva dei regimi contabili forfettari e i condoni a getto continuo. La Presidente Meloni è molto abile, dinamica in politica estera e tale da mascherare con questo la mancata risposta alle troppe promesse elettorali. Finora regge quanto al consenso, vantando anche incrementi del tasso di occupazione. Ma il futuro presenta aspetti d’incertezza. A parte la debacle del settore automotive e la conseguente chiusura o riduzione della produzione Stellantis, con forti ripercussioni sull’indotto, le previsioni economiche sull’andamento del PIL sono diminuite da un 1% a 0,7%, finalmente concordi governo e Bankitalia. Federmeccanica si è dimostrata assai pessimista sul 2025. E vedremo quale sarà l’impatto delle politiche di Trump quanto ai dazi. E fino a quando continuerà la guerra in Ukraina e non so quanto dopo la Germania rimarrà critica se non potrà riprendere le forniture del gas dalla Russia. .
Non voglio allargarmi troppo, ma vi sono altri elementi d’incertezza all’orizzonte. Tra questi, la tendenza verso destra in Europa e la crescita delle istanze sovraniste contrasta con l’esigenza di avere più integrazione e almeno una politica estera, di difesa ed economico/finanziaria comuni. L’avvento di Trump obbligherà tutti gli stati ad aumentare le spese militari e affrontare una probabile guerra dei dazi. Inoltre, Trump favorirà il rapporto con i singoli stati, non con una Europa di fatto inesistente sui temi strategici e ancora legata, a parte il mercato comune, alla regola dell’unanimità.
Infine, anche la BCE ci mette del suo. Christine Lagarde non è un drago, né un Draghi. La funzione di una banca centrale è di indicare chiaramente un percorso circa l’andamento dei tassi. Invece anche qui prevale il galleggiamento, vedremo e poi decideremo!



