Autonomia differenziata. 25 anni di bugie (parte I)
6 Agosto 2024Hitler era vegetariano e amava i cani
8 Agosto 2024Nei giorni caldi appena successivi allo scandalo Boraso sul Gazzettino sono comparse due pagine intere di intercettazioni che dimostrano inequivocabilmente che l’ex assessore aveva un atteggiamento sistematicamente predatorio e interessato a tutte le occasioni di ricavare (ed estorcere) denari approfittando della sua posizione di assessore. Non mi dilungo sul disgusto e la repulsione che ho provato, del resto credo siano sentimenti condivisi dalla stragrande maggioranza dei cittadini. Ma, ribadita l’assoluta esecrazione per l’operato dell’ex amministratore pubblico (che è indifendibile, qualsiasi sarà l’esito della sua vicenda giudiziaria), rileggendo quelle intercettazioni mi sono reso conto che accanto a riscontri inequivocabili di colpevolezza, vi erano commenti diciamo inurbani verso alcuni colleghi (ma che non sono un reato) e pure conversazioni (per esempio il sollecito per il pagamento di una fattura) che non necessariamente erano dimostrazione di reati. Mi è venuto involontariamente da pensare che nella mia vita professionale ho rivestito ruoli paradirigenziali in una grossa azienda, privata ma che svolgeva un importante servizio pubblico) con una procura di spesa, nei primi anni, perfino discreta. Posso dire in piena coscienza di aver sempre correttamente operato, di aver fatto sempre gli interessi della mia azienda e della collettività e di non aver personalmente intascato un euro. Ebbene, sono sicuro che se fossi stato intercettato e i miei colloqui con appaltatori, collaboratori interni ed esterni, enti ispettivi e autorizzativi e quant’altri fossero stati pubblicati, sicuramente sarebbero potuti apparire sospettosissimi (pur ripeto, non essendoci assolutamente nulla di illecito). Non parliamo poi di commenti ed epiteti rivolti ad un’ampia gamma di interlocutori. Detto in altri termini, se fossi stato intercettato non mi sarei turbato più di tanto se le intercettazioni fossero state ascoltate da un qualsiasi magistrato inquisitore, proprio perché so di non aver commesso alcun reato, ma mi sarebbe scocciato molto se queste intercettazioni fossero state rese pubbliche. Sia perché la gente che non ha mai lavorato in una posizione analoga le avrebbe potute trovare sospette o criticabili, sia perché non mi sarebbe piaciuto che si mettesse in pubblico che ho dato della testa di c.. a qualche sovrintendente, che ho sbottato che il mio capo non aveva voglia di prendersi responsabilità e magari che, chiacchierando al bar con un collaboratore, mi sono lasciato sfuggire che la Sindaca del tale Comune della bassa padovana era una gran figa.. Mi pare lapalissiano che quello che diciamo nella sfera privata non dev’essere posto alla mercè di chicchessia.
Ora, la questione è complessa.. Come paletto fisso c’è l’indubbia utilità, meglio indispensabilità, delle intercettazioni. Queste hanno anche il “pregio” di inchiodare il colpevole (come appunto nel caso Boraso) ancor prima del processo giuridico formale. Ma è un pregio pericoloso.. proprio perché inevitabilmente precostituiscono un giudizio, devono essere diffuse con la massima selettività con lo scopo di informare l’opinione pubblica, che ha il diritto di essere informata (massime se a essere colto con le mani nel sacco è un eletto del popolo..) ma non per questo deve essere messa nelle condizioni di spiare dal buco della serratura.
Qui, la legislazione è abbastanza chiara nei principi ma sfuggente nella pratica applicazione. Quando un’intercettazione è autorizzata dal GIP viene trascritta e passa agli atti. Ed è a disposizione delle parti (quindi anche dell’accusato) e pure dei giornalisti. Quindi, mi pare di capire, il fatto che un giornalista venga in possesso della trascrizione delle intercettazioni NON configura di per sé alcuna irregolarità. A questo punto entra in gioco il criterio dell’interesse pubblico e della rilevanza sociale del contenuto delle intercettazioni. In teoria, come predica il Garante della Privacy, sono da non divulgare aspetti privati che non hanno rilevanza con la notizia di reato. Facciamo un esempio semplice: se un funzionario pubblico per aggiudicare un appalto chiede ad una imprenditrice favori sessuali questa è una notizia di reato, come tale di interesse pubblico e quindi di rilevanza sociale. Corretto, dunque, che ne sia informato il pubblico. Ma se quel funzionario pubblico in una intercettazione parla con un terzo e gli racconta di una favolosa notte di sesso con una prostituta questo NON è un reato, è un fatto privato e come tale non deve essere divulgato. Ma si capisce bene che nella pratica è difficile distinguere (ammesso e non concesso che i giornalisti di fronte a una notizia così sapida abbiano la minima inclinazione a trattenersi..) perché si può sempre intendere in modo esteso il concetto di interesse pubblico e di rilevanza sociale sostenendo per esempio che anche la moralità del funzionario (ancorché non legata al reato) è qualcosa che il pubblico ha diritto di sapere. Insomma, ad oggi di fatto chi vuole fare gossip ha gioco facile. Cosa che francamente mi lascia basito anche per il fatto che facilmente vengono date in pasto al grande pubblico circostanze assolutamente private, non solo degli intercettati, ma pure di coloro che, estranei alle indagini, hanno rapporti personali con questi. Su questo ultimo punto, almeno, le modifiche del recente DDL Nordio dovrebbero mettere una pezza (ma ci permettiamo un certo scetticismo). Questa è la situazione oggi in un Paese in cui per qualsiasi cazzata, anche per farsi la tessera fedeltà di un supermercato, dobbiamo mettere firme di consenso al trattamento dei dati personali e siamo resi edotti del nome del responsabile del trattamento dei dati e vari altri ammennicoli che non leggiamo mai.
C’è un altro recente caso di clamorosa violazione della riservatezza (molto peggiore di quello che ha patito Boraso). La diffusione del colloquio in carcere tra Filippo Turetta e il padre. Già è estremamente discutibile che il colloquio sia stato registrato, visto che Turetta era reo confesso. Ma anche ammettendo per buona la (risibile) motivazione per cui l’intercettazione si rendeva necessaria per chiarire le motivazioni dell’omicida, quale collegamento col reato e quindi quale interesse pubblico (se non puro voyerismo) e rilevanza sociale aveva diffondere le sciagurate parole del padre? Che avrebbe detto qualsiasi cosa per evitare un gesto estremo del figlio e che è stato costretto ad un’umiliante abiura delle sue parole. Io trovo che quella pubblicazione sia stata un atto di barbarie, una gravissima lesione di diritti individuali, una violenza dei sentimenti.
E a proposito di diritti, sconcerta in merito a questa vicenda il silenzio della politica. A parte l’indignazione espressa da Tajani e Crosetto, si registra l’assordante silenzio di Meloni, Schlein, Salvini che pure, quest’ultimo, non perde occasione di mettere bocca e sparare sciocchezze su tutto. Mi stupisce in particolare il silenzio della politica a sinistra. Non di commentatori di area, come per esempio Michele Serra (“c’è ancora qualcosa che, per rispetto umano, può rimanere privata, o siamo destinati a vivere come i concorrenti di un gigantesco reality al quale non ci siamo mai iscritti?”) ma proprio della politica dei partiti. E mi chiedo come è possibile che, per esempio, una Schlein, così attenta ai “diritti”, così sollecita nel cogliere anche le sfumature, stigmatizzare i bias comportamentali verso, per esempio, i soggetti LBGT, di fronte a una così clamorosa violazione di un diritto individuale non senta la necessità di dire una parola.
Evidentemente vi è un’attenzione selettiva (a destra come a sinistra).. ci sono diritti e diritti. Così come ci sono morti di serie A e morti di serie B. Ci si indigna o si fischietta guardando dall’altra parte a seconda dei casi. Francamente, trovo tutto questo disgustoso.
Immagine di copertina: © Doctorspy