COSTUME & MALCOSTUME – “LGBTQI+” (sic) ed altro ancora
6 Agosto 2024Il Paese dove il diritto alla privacy non esiste
7 Agosto 2024Di ENZO DE BIASI ( da il Giornale del Veneto, parte I)
L’ Autonomia Differenziata, pubblicità ingannevole a danno dei Veneti. Zaia e La lega hanno già fallito in tre occasioni: 2007, 2017 e 2018, qui il primo fallimento.
Talvolta succede d’incontrare persone che non si vedono da anni. Proprio l’altro giorno, passeggiando là dove Sile e Cagnan s’accompagna (Dante Alighieri), ho incontrato Antonio Buleghin, detto Toni B., che appena mi ha visto a bruciapelo domanda: “Zaia, finalmente, porta a casa più poteri per il Veneto, è vero?” Sai Toni B., oggi Zaia, la Lega e centro desta sono al quarto tentativo, dopo tre tentativi falliti e fallimentari datati 2007, 2016/17 e 2018.
Toni B. – ma cosa è successo, non ricordo tutti questi fallimenti, forse mi son perso qualcosa…
Stai sereno, la maggioranza dei Veneti è come te, non conosce o non ricorda o se ne frega, oppure un mix dei tre elementi.
Chiedere più poteri a Roma era già possibile dal 2001, art. 116 comma 3 introdotto dopo l’esito positivo del referendum costituzionale voluto e vinto dal centrosinistra, anche se per poco. Infatti, quel comma ha permesso nel 2017, un “sondaggio formalizzato”, detto anche “referendum consultivo” (giuridicamente non vincolante, peso piuma) oppure, più semplicemente, “referendum farlocco”, costoso e senza alcun seguito nei 7 anni successivi.
Forza Italia e Lega comandano in Regione dal 1995, ma nella settima legislatura 2000-2005 non colgono la chance offerta dalla rinovellata Costituzione. L’entrata in scena di Luca Zaia, Vice-Presidente della Giunta Galan due, dopo il 2005 permette la presentazione dell’argomento in Consiglio Regionale che, il 18 dicembre 2007, approva la richiesta di avere più poteri per 15 materie su 23 possibili.
Tre informazioni da conoscere.
La prima. La proposta dell’esecutivo Galan viene integrata da materie presentate dai 18 consiglieri del centrosinistra, tra queste, i “rapporti internazionali e con l’Unione europea”. Elemento strategico per lo sviluppo regionale, dato che nella nostra regione la struttura produttiva è composta- in prevalenza- da Piccole e Medie Imprese che lavorano ed esportano molto all’estero a partire dai Paesi Ue. Evidentemente, all’esecutivo in carica questo particolare non era noto, ha provveduto il Consiglio Regionale.
La seconda.
Il dibattito in Commissione e nell’Assemblea legislativa, nel 2007, è serio, leale e costruttivo. Al termine il provvedimento è votato all’unanimità, tutti hanno collaborato allo scopo di ottenere una “Regione Rafforzata”.
La terza.
La domanda di avere più competenze, nulla costa al bilancio regionale e, di conseguenza, nessun euro è sottratto ad altre destinazioni, diversamente da quanto accadrà c nel 2017.
Il Governo Prodi va a casa il 6 febbraio 2008 e l’8 maggio entra in pista il Berlusconi IV che resterà a Palazzo Chigi fino al 16 novembre 2011. I reggenti più importanti dell’esecutivo sono: Forza Italia, Alleanza Nazionale (PdL) e Lega Nord. Della compagine che comanda a Roma per la Lega Nord, fanno parte: Riforme per il Federalismo, Umberto Bossi– Semplificazione Normativa, Roberto Calderoli, Interno, Roberto Maroni, Politiche Agricole, Alimentari e Forestali, Luca Zaia (da inizio legislatura fino al 14 aprile 2010), giusto per correre e vincere le elezioni regionali con la qualifica di Presidente della Regione Veneto.
Nei tre anni e mezzo il Centro-Destra Nazionale nulla fa per l’Autonomia Rafforzata richiesta dal Veneto, in particolare, il “top di gamma della Lega Nord” finalmente al Governo del Paese, non trova né il tempo, né il modo di rappresentare gli interessi regionali. Primo clamoroso fallimento.
Dal 18.12.2007, ad oggi, sono trascorsi più di 16 anni e 7 mesi, che rispondono Zaia, la Lega e Forza Italia? Chi si assume (si è assunto) la responsabilità politica di questa débâcle?
Toni B. – ma allora cosa hanno combinato?” Non lo so, avranno fatto tanto altro, ma non hanno “portato a casa” l’Autonoma Rafforzata per il Veneto. Forse saranno andati a farfalle.
L’intero circuito mediatico regionale e locale prima e dopo il 18 dicembre 2007 non ha ospitato e riservato ai protagonisti della “calata su Roma ladrona” ampie interviste, video pedagogico per il popolo veneto, né l’evento in sé è stato oggetto di servizi speciali, ricerche e studi, ore di trasmissioni televisive, tante quanti ne saranno dedicate dieci anni dopo al “sondaggio formalizzato”. Perché?
Nel discorso alla stampa parlamentare del 24 scorso per il Presidente della Repubblica, l’informazione deve garantire il funzionamento della democrazia, tutelare il sistema delle libertà, è, prima di tutto, deve produrre conoscenza. Per essere efficace, l’informazione deve essere “critica, illustrazione di fatti, realtà” insomma “un anticorpo contro le adulterazioni della realtà”
I mass-media nostrani hanno informato e fatto conoscere alla cittadinanza nella stessa quantità e qualità le 15 materie, rispetto alle 23 del referendum farlocco? I cittadini veneti sono stati resi edotti esaustivamente dell’evolversi della situazione dopo il 18.12.2007 alla stessa stregua del prima e del dopo il 22.10.2017?
Toni B. – In effetti della richiesta a Roma del 2007, non ne avevo mai sentito parlare prima di oggi, ma non mi piace nemmeno sentire solo la tua campana. Cosa mi suggerisci? Hai ragione, mai abbeverarsi solo da una fonte.
Per corrispondere alla tua curiosità di cittadino, digita su internet “maggiori poteri chiesti a Roma dal Veneto scrivendo prima 2007 e poi 2008”, finita le due indagini, a seguire “stessa frase, inserendo 2017. Da siti e documenti che vedrai, capirai da solo se sei stato “accuratamente informato” e reso “edotto” in ambedue le circostanze.
La democrazia liberale funziona se l’informazione “informa” i cittadini. Se essa “adultera la realtà” non facendo conoscere in termini corretti, approfonditi e aggiornati ciò che a mano a mano avviene (avvenne) nei palazzi del potere, i cittadini non hanno né “conoscenza” né dispongono del “diritto ad essere informati”, così parlò il Presidente della Repubblica l’altro giorno.
A proposito di “adulterazione della realtà”, nel 2017 a Luca Zaia è chiesto “La Regione del Veneto aveva fatto altri tentativi per ottenere l’autonomia?” risposta, “Si nel 2008 …non venne dato, però, alcun seguito, da parte del governo, alla richiesta; pertanto, non si arrivò mai a un’intesa: tutto rimase lettera morta”. Semplice amnesia momentanea, della serie non so dov’ero e cosa facevo? In data odierna, il lettore di questo articolo sa che il Governo non identificato nel 2017, è quello del 2008-2011 di cui anche Luca Zaia ha fatto parte. Il quesito è tratto dal volantino di propaganda fide “Le 100 domande dei Veneti a Luca Zaia”, che era disponibile e in cartaceo e consultabile on line da milioni di cittadini in vista del voto di ottobre.
Per una Regione “rafforzata” fattibile -ma non voluta- già dal 2008, noncuranza e silenzio assordante, mentre nel 2017 la grancassa mediatica e dell’ente regione, è stata suonata con tutti i mezzi e tutti gli orchestrali proni e pronti alla bisogna. Risultato fin qui raggiunto, da: Zaia, Lega, Forza Italia, AN-FdI ente regione, media, socio di minoranza (of course), il centrosinistra, “zero tituli” parafrasando José Mourinho, per gli estimatori Mou. L’unica certezza è che la Regione del Veneto non avrà 23 materie, per diventare più “robusta”. Chi si assume (si è assunto) la responsabilità politica anche per i 14 milioni di € sprecati?
Per la parte economica la risposta è semplice, a nessuno dei consiglieri regionali può essergli addebitato un centesimo; residua sempre la responsabilità politica che da anni, però, è scomparsa dal vocabolario e dal linguaggio dei governanti. Giustamente, nel sistema democratico le decisioni assunte dai pubblici amministratori, nel rispetto della legge, non sono mai imputabili al decisore, altrimenti, nei posti di potere andrebbero solo i plutocrati, i ricchi. Differente è il piano dell’etica pubblica. Si dà il caso che nel Paese Italia la materia è anonima, sconosciuta, trascurata, non fa parte del C.V. del politico di professione.
La scelta dei candidati alle cariche pubbliche da parte dell’elettorato veneto o di altre regioni non avviene in base a programmi, idoneità al ruolo da ricoprire e qualità soggettive, il metro standard del cittadino votante è se l’aspirante al posto di comando è apparso tante volte e parecchio in televisione, ha avuto numerose interviste in tv-radio- quotidiani e settimanali più diffusi ed è sempre presente nei social-media. Tali occasioni quanto più sono ripetute, tanto più è alta la probabilità di arrivare in meta.
Tuttavia, qualcheduno si oppose alla deprecata scelta di indire il sondaggio popolare. Chi cantò fuori dal coro, furono due consiglieri regionali: Graziano Azzalin-Pd e Patrizia Bartelle-5Stelle, in dissenso dai rispettivi gruppi. Entrambi da Rovigo, due giganti, persone competenti e apprezzabili. Il loro diniego partiva dalla constatazione che il referendum fasullo, era “mera propaganda a favore della Lega e del centro destra”, utile per tirare la volata dei consensi nel 2020e così accadde. Nel deprimente scenario regionale, gli altri dell’opposizione sono stati dei “nani politici”.
Dieci anni prima, nel 2007, l’intero centro-sinistra si era “fidato” della maggioranza di centro-destra, per senso di responsabilità istituzionale. La risposta da parte del Berlusconi quater fu la bocciatura delle 15 materie richieste dal Veneto, silente e accondiscendente il “poker d’assi leghista”. No, non era proprio il caso di premiare l’incapacità certificata dalla dirigenza leghista, l’indifferenza dimostrata da Forza Italia alla quale va aggiunta, la contrarietà sottotraccia di Alleanza Nazionale, come vedremo più avanti. Bastava votare contro in Consiglio Regionale e invitare l’elettorato del Csx a disertare le urne il 22 ottobre 2017, andando di città in città, di paese in paese, a spiegarne le ragioni. In provincia di Rovigo tale operazione ebbe esito positivo e al termine della corsa l’adesione regionale fu del 57.2%, la baloccata di matrice leghista sarebbe andata sotto quota 50%, un palese insuccesso. Così non si volle, il SÌ critico adottato dal PD regionale è stato un atto di stupidità politica.
Riscontri. Alle prime elezioni regionali post-referendum, la già parlamentare PD Simonetta Rubinato, convinta della bontà del SI critico presso l’elettorato veneto, pensò bene di gareggiare come aspirante autonoma alla poltrona di Presidente. Infatti, l’ex Sindaca di Roncade arrivò ultima nella graduatoria finale dei concorrenti a Palazzo Balbi. Osservazione banale. Rispetto ad una portabandiera referente del SI critico, l’elettore si è ricordato e ha riconfermato la sua preferenza all’alfiere del SI, senza se e senza ma, era ovvio fin dall’esito del 2017. Secondo fatto. La peggiore performance conseguita dal PD dal 1995 fu -appunto- quella del 2020. I “nani politici” del SI critico, verosimilmente, non incrementarono il consenso della formazione per la quale militavano. Oggigiorno, è probabile che qualcuno di questi “nani” sostenga l’abrogazione della “legge Calderoli”, si sa i politici cambiano spesso idea.
Il mancato decentramento regionale merita -comunque- un’ulteriore riflessione, dato che gli ostacoli per avere più autonomia regionale persistono.
Nella compagine governativa citata, partecipava Giorgia Meloni, Ministro della Gioventù in quota AN. La giovane politica ha fatto carriera, oggi è il Presidente del Consiglio dei ministri a seguito della vittoria elettorale di Fratelli d’Italia, partito di maggioranza relativa, di cui la premier è stata co-fondatrice nel 2012.
Per capire meglio la natura di un partito è opportuno risalire alle radici. Ebbene, nel caso FdI la provenienza è AN, fondata nel 1994, partito di destra composto -essenzialmente- da iscritti del Movimento Sociale Italiano-Destra Nazionale sorto dalla fusione nel 1972, tra MSI e DN. Il ceppo originale con più militanti e dirigenti era l’MSI, fondato nel 1946 da “reduci della Repubblica Sociale Italiana come Giorgio Almirante, Pino Romualdi ed altri esponenti dell’ex- regime fascista”. Per chi non sa o non ricorda. La Repubblica Sociale Italiana (RSI) fu un regime collaborazionista con la Germania nazista esistito tra il settembre 1943 e l’aprile 1945, voluto da Adolf Hitler e guidato da Benito Mussolini al fine di governare i territori italiani del Nord e Centro Italia e continuare nella persecuzione degli ebrei. Va precisato che, i territori delle Province di Belluno, Udine, Bolzano e Trieste, furono ceduti dai repubblichini fascisti al Terzo Reich. Infatti, quando Hitler e il Duce si incontrarono il 19-07.1943 la località prescelta fu Feltre (Belluno) facente parte dell’ Alpenvorland sotto la giurisdizione tedesca
Oltre la storia, altro elemento importante è il logo che identifica, in sintesi, codice genetico e valori considerati dal movimento politico. Ebbene, risalendo alla sorgente di FdI, AN, MSI-DN, MSI, sempre presente dal 1946 ad oggi è “la fiamma tricolore”. Evidentemente, al passare delle generazioni dal dopoguerra in poi, il logo riprodotto nei decenni (78 anni), riflette un’esigenza di identificarsi e di mantenere le radici ancorate ad un patrimonio di valori e di idee del passato prossimo e remoto. Tale necessità di un immaginario collettivo per gli iscritti e dirigenti di vecchie e nuove generazioni valse e vale anche per altri. Dopo il collasso dell’Unione Sovietica (1989), Il PCI, cancellò il proprio simbolo “falce e martello”, 9 anni dopo nel 1998, quando gran parte degli iscritti confluirono nel Partito Democratici della Sinistra. Evidentemente, non c’era più bisogno di richiamare le idee del comunismo, iscritti e dirigenti del nuovo corso si sentivano perfettamente a loro agio nella Repubblica Italiana antifascista, essendone stati parte fondativa. I nostalgici, fondarono il Partito della Rifondazione Comunista con circa due milioni di suffragi e l’1.6% dei votanti, oggi.
Ebbene, va segnalata una marcata differenza, i comunisti di RC non stanno nel PD, neo-fascisti o nostalgici del vecchio regime sono tuttora presenti nell’ elettorato di riferimento o come supporter di FdI. Nulla quaestio, importante è che ambedue gli …ismi, rispettino diritti e doveri sanciti dalla Costituzione, dai codici e dalle leggi repubblicane.
Epperò, il PcM non demorde dall’occupare il suo lato destro per non lasciare campo libero a M. Salvini. Il mancato approdo verso un lido conservatore alla Churchill o alla De Gaulle sarà (è) pagato dalla Nazione Italia in sede UE e non solo. La non scelta è una faccenda che riguarda tutti noi, dato che chi siede a Palazzo Chigi rappresenta anche chi non ha votato Fratelli d’Italia o Destra-Centro.
Altra riflessione. La dirigenza FdI insediata ai vertici istituzionali, ancora stenta a convenire e riconoscere, a 360 gradi, la libertà di stampa e il diritto dei cittadini ad essere informati senza paletti. Qualche esempio. Fanpage che indaga e registra i rigurgiti fascisti e hitleriani video ripresi sotto copertura, perché legalmente possibile, in una sezione giovanile di FdI, oppure di recente, il pestaggio subito da un giornalista della “Stampa” avvenuto in strada -suolo pubblico di libero transito – da parte di neo-fascisti. Sulla funzione, ruolo e significato dell’informazione ex art. 21 Costituzione, Sergio Mattarella, l’altro giorno, lo ha spiegato in modo inequivocabile a milioni di italiani, inclusi Giorgia Meloni e Ignazio La Russa, sperabile che tutti abbiano compreso fino in fondo una volta per tutte.
Ed ancora, in occasione della commemorazione del centenario dell’assassinio di Giacomo Matteotti, il PcM condanna “l’uomo libero ucciso da squadristi fascisti per le sue idee “ma omette il nominativo del mandante morale e politico, Benito Mussolini. Questi atteggiamenti ondivaghi generano in periferia, Treviso-Consiglio Comunale, il rifiuto della maggioranza di centro destra, FdI incluso, di revocare la cittadinanza onoraria data a Benito Mussolini nel 1924. Il Csx, aveva invitato il Sindaco a conferire la medesima attestazione a Giacomo Matteotti, nel centenario della sua morte per manao fascista. Secondo lei, On.le Presidente del Consiglio dei ministri, possono essere insigniti della medesima onorificenza cittadina l’assassino e la vittima?
Questa stringata digressione, nella considerazione che i valori, i principi, il modus operandi deducibili dall’impianto costituzionale vanno assolti non solo con il giuramento sulla Magna Carta e le dichiarazioni verbali, importanti, necessarie per obbligo d’ufficio, ma non sufficienti. Altrettanto, significanti ed esemplari sono, concretamente, i comportamenti conseguenti e le testimonianze coerenti. Il nesso, in questo caso, è con una piena ed immediata attuazione dell’Autonomia Rafforzata. Il precedente non depone a favore della fonte cui trae ispirazione Fratelli d’Italia.
Nel 1970 il Movimento Sociale Italiano assieme al PLI, votarono contro la legge istituiva delle Regioni a Statuto ordinario, probabilmente perché entrambi convinti della migliore qualità della gestione delle funzioni pubbliche da parte del Governo centrale, rispetto ad un decentramento delle competenze statali, comprese quelle che potrebbero essere decentrate negli organi periferici e negli enti autarchica, pardon, oggi denominati Regioni ed Enti Locali. Probabilmente una soluzione accettabile da parte del partito trasversale degli “statalisti” in servizio permanente, allo scopo di affidare speditamente maggiori poteri alle regioni, potrebbe essere quella di “far pretendere”, per quelle leghiste tramite Salvini, un “pacchettino” di funzioni identiche ed omogenee per tutte le richiedenti.
Segnalo che questa è una contraddizione in termini. Se tutte pari saranno nel ricevere funzioni “rafforzate” dello stesso segno e qualità, in cosa consisterà la differente e maggiore autonomia in termini legislativi, amministrativi e finanziari? Se manca la configurazione, “taylor made” funzionale per valorizzare: specificità, specialità, peculiarità di ciascun territorio regionale, quale è il senso dell’operazione in itinere? Insomma, cos’è la sedicente “Autonomia Differenziata”, dicono a Roma “da chi”? E a Venezia, chissà chi lo sa?
Se invece, banalmente, importante è chiudere in qualche modo la “pratica” pomposamente appellata “Autonomia Differenziata” così che Ministri e l’alta dirigenza ministeriale di poco tempo e di pochi poteri si privano, vabbè allora diciamolo subito, siamo su “Scherzi a parte”. Ottimo programma televisivo di varietà poi re-intitolato “Le Iene” prodotto da Mediaset e terminato il 16 ottobre 2022. Nel frattempo, i Veneti potranno dissetarsi con un nuovo spritz chiamato “Autonomia Differenziata tonalità Zaia-Lega estate 2024”