
Se a Yale si insegna la felicità, in Europa si guarda alla solidarietà
1 Maggio 2018
Il Presidente Napolitano: la gogna dal web.
6 Maggio 2018A leggere questo pezzullo dovrebbero essere palati smaliziati. O gente, come me, che davvero è convinta che in politica a pensare male si fa peccato ma si indovina quasi sempre.
E dunque lo dico fin da subito: l’assemblea nazionale del PD del 3 maggio non si sarebbe conclusa come si è conclusa se qualche giorno fa Matteo Renzi non fosse andato da Fabio Fazio a dire quel che ha detto. Lapalissiano e semplice quasi come chiedere la VAR in Champions League.
Insomma: l’ex segretario del PD ha, al suo solito, smascherato quel filo sottotraccia che avrebbe portato ad un accordo coi grillini. Non ne siete convinti?
Facciamo un pò di storytelling ok?
6 marzo 2018: Matteo Renzi dopo la sconfitta elettorale di 48 ore prima (sulle cui ragioni menti molto più eccelse della mia han scritto proprio qui) si dimette da segretario del partito.
12 marzo 2018: come da Statuto viene convocata l’Assemblea Nazionale che approva (7 astenuti) una mozione, vale a dire un documento che certifica la posizione ufficiale del partito. Cosa si dice in questa mozione)?
Il Pd si impegnerà dall’opposizione, come forza di minoranza parlamentare, riconoscendo che ora spetta alle forze che hanno ricevuto maggior consenso l’onere e l’onore di governare il Paese (…)
Dunque già il 12 marzo non c’erano (apparentemente) fraintendimenti: il PD se ne sta all’opposizione. A governare il Paese ci pensino chi le elezioni le ha vinte: 5stelle e centrodestra. Anche perché
“se facessimo un governo con M5S o con la Lega tradiremmo le promesse elettorali, è evidente“.
A dirlo non è un renziano, tutt’altro. E’ nientepopodimenoche Andrea Orlando. Questo accadeva il 12 marzo, 71° giorno del calendario gregoriano nella festa di san Luigi Orione.
Ora: si sa che spesso in politica vale ciò che, secondo De Andrè, vale per la gente che dà buoni consigli se non può più dare cattivi esempi.
Manco un mese dopo tra un forno chiuso ed un altro che si apre senza spegnere il primo che ti combina, ad esempio, il buon Dario Franceschini? Che ad inizio aprile prima dichiara
bisogna dire in questo momento che l’interesse del Paese, che viene prima di quello del partito, ci porta a contrastare l’ipotesi di un governo M5s-Lega
e poi nell’ormai celebre intervista a Repubblica si spinge un poco più in là definendo la possibilità di un accordo programmatico coi grillini
una possibilità da esplorare anche se non convenisse elettoralmente. Ci si deve provare, con il Pd tutto unito.
E il segretario reggente Martina? Anche lui si spinge, sul finire di aprile, un po in là giungendo addirittura a proporre
se la direzione democratica del 3 maggio darà il via libera al confronto con i 5 stelle penso sia giusto che l’eventuale esito finale di questo lavoro venga valutato anche dalla nostra base nei territori con una consultazione.
E il PD all’opposizione come deciso il 12 marzo? Non han fatto le primarie per scegliere i candidati all’uninominale e adesso consultano gli iscritti sull’ eventuale esito finale di questo lavoro? Uè ragassuoli siam mica qui a contare i capelli della Barbie vero? Se vuoii consultare gli iscritti mica ci credo molto al fatto che tu voglia semplicemente incontrare i grillini giusto per gridare “Aiuto, aiuto, è scappato il leone” e vedere di nascosto l’effetto che fa. Non vi pare?
E allora qualcuno sa spiegarmi tutti questi scandalizzati dalle parole di un senatore che altro non fa se non ricordare quanto deciso ufficialmente dal partito di cui lui già allora era l’ex segretario?
Ancora una volta il guitto da Rignano sull’Arno ha riportato il PD sulla sola e unica strada che un partito, uscito con le ossa rotte dalle elezioni, può percorrere. E ha imposto il ritorno, sostanzialmente, alla posizione del 12 marzo. Nulla di più, nulla di meno. E tutti, chi più chi meno convintamente, si sono accodati.
E adesso?
Adesso tocca di nuovo al Presidente della Repubblica. Il quale è uomo mite (lo si vede proprio che è mite), buono (lo si vede proprio che è buono), saggio (lo si vede proprio che è saggio) ma la cui pazienza oramai è ai limiti. Forse li ha pure superati se ha fissato nuove consultazioni da farsi in un giorno soltanto. Roba di dieci, venti minuti per volta. Roba che serve solo a chiedere: che volete fare?
Gia, cosa vogliono fare i partiti? I 5stelle si sono incartati peggio che la mia Inter col Torino e mostrando un miope arroccamento su un solo candidato possibile (da che mondo è mondo in politica mai, mai!, gocarsi tutto su un solo cavallo vincente….mica esiston i piazzati per nulla no?) .
La Lega mai e poi mai romperà il centrodestra. E per un motivo semplice semplice: a rischio sono i suoi collegi uninominali che, per essere vincenti, abbisognano pure dei voti berlusconiani.
Il PD di fronte ad un governo 5stelle-centrodestra se ne starà all’opposizione nel mentre però si dice disponibile ad accogliere le indicazioni del Presidente della Repubblica.
E dunque?
Dunque a Mattarella non è che rimangano poi molte strade da percorrere. O decide (ipotesi inverosimile) di forzare la mano e, dopo la carta Di Maio, decide di giocarsi la carta Salvini magari assegnandogli un incarico esplorativo col segretario della Lega che va in parlamento a verificare se trova qualche maggioranza. Oppure va lungo il solo sentiero che ad oggi pare percorribile: un governo di scopo, a maggioranza larga e variabile, guidato da una personalità che possa piacere un po a tutti.
Un governo di scopo con tre obiettivi tre.
Il primo: continuare la messa in sicurezza dei conti pubblici.
Il secondo (legato al primo): tranquillizzare l’Europa.
Il terzo: giungere ad una nuova legge elettorale. Già, ma quale? Oramai, lo capisco persino io, due sono gli elementi che dominano la scena politica italiana: l’astensionismo che non si erode e il tripolarismo ormai consolidato. Insieme questi due elementi fanno intuire la necessità di una legge che o preveda un premio di maggioranza legato ad una percentuale ragionevole di consensi, comunque inferiore a quella attuale, coi dubbi di costituzionalità ad essa legata oppure un meccanismo che preveda un doppio turno, una sorta di ballottaggio tra i primi due schieramenti con la possibilità per il terzo di apparentarsi ad uno dei due.
Da qui non si scappa. Non c’è altra soluzione. Proprio nessun’altra. Che poi è esattamente la proposta su cui, da tempo oramai, sta insistendo un senatore della Repubblica che è stato anche ex segretario di un partito…