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9 Ottobre 2024Parliamo di turismo ma una volta tanto non specificamente di Venezia bensì di un interessante confronto regionale (relativo al 2023) della società Demoskopica, cui ha dato meritoriamente spazio qualche tempo fa il Corriere del Veneto. Demoskopica ha prodotto questa tabella:
La tabella indica per ciascuna regione la spesa totale turistica, le presenze (turisti x giorno) e (divisione tra i due termini appena citati) la spesa giornaliera pro-capite. Le ultime colonne di destra indicano gli “arrivi” cioè il numero di turisti arrivati (indipendentemente dal periodo di permanenza). Va da sé che dividendo la colonna presenze con quella arrivi si ha la permanenza media. Ma concentriamoci per ora sulle prime tre colonne e osserviamo che:
- Il Veneto è, con larghissimo margine, la prima regione per presenze turistiche (e anche per arrivi). Oltre 73 milioni, la seconda regione essendo il Trentino-Alto Adige con “soli” 52 milioni e rotti. La terza regione è la Toscana (quasi 50 milioni). Seguono nell’ordine Emilia-Romagna (che sfiora i 43 milioni), Lombardia (quasi 39) e Lazio (35 scarsi). Queste sei regioni totalizzano circa i 2/3 del totale nazionale.
- Se analizziamo la “classifica” delle regioni per spesa giornaliera pro-capite il Veneto è in medio-bassa classifica (sotto la media nazionale). Così in basso che, in valore assoluto, incassa meno della Toscana (12,6 mld contro 14,2) pur avendo quasi 24 milioni di presenze in più. Ma pure il confronto con Lazio e Lombardia è impietoso, per esempio quest’ultima con poco più della metà dei visitatori, fattura più dell’80% del Veneto. Le altre due regioni top in termini di presenze, Emilia-Romagna e Trentino-Alto Adige, viceversa, sono ancora più in basso del Veneto nella classifica delle regioni più “produttive”, il Trentino in particolare è penultima in assoluto.
- C’è in generale una grande e sorprendente dispersione del dato. Si pensi che la regione più “cara”, l’Umbria, ha un ricavo medio per turista al giorno triplo di quella più economica (il Friuli-Venezia Giulia).
Naturalmente ci possono essere svariate chiavi di lettura. Per esempio, gli alti costi di Lombardia e Lazio possono spiegarsi con il fatto che in queste regioni pesa molto il capoluogo (e certamente pernottare in grandi città costa molto di più), ma allora come si spiega l’Umbria? Un’altra spiegazione potrebbe essere che nel Veneto, (così come in Trentino Alto Adige) c’è una grande diffusione di campeggi, una forma di turismo povero. Oppure gioca la presenza delle seconde case (che producono presenze ma meno costi esterni. Ancora, regioni come Veneto, Emilia-Romagna e Trentino si caratterizzano più di altre per soggiorni estivi lunghi per cui si affitta per un mese intero un appartamento. La classica famiglia con bambini, magari sono in 4, stanno un mese intero, fanno 30 x 4 = 120 gg di presenza e per quanto elevato sia l’affitto dell’appartamento, diviso per 120 viene un incasso risibile (ammesso e non concesso che non sia tutto in nero e quindi nemmeno rilevato). Ho poi provato a graficare la durata media e il costo giornaliero e il risultato è questo.
C’è una vaga correlazione inversa, ovvero il costo unitario sembra calare con l’aumento dei giorni medi di permanenza ma direi troppo debole per trarne indicazioni particolari.
Questa essendo l’analisi dei dati, con tutte le cautele (sarebbe interessante sapere cosa conta nelle spese e come sono contati i visitatori), poniamoci dal punto di vista della nostra regione. Resta impressionante che il Veneto incassa dal turismo meno della Toscana ma si sobbarca 24 milioni di presenze in più. Va da sé, in tempi in cui gli effetti negativi dell’overtourism sono ormai riconosciuti da tutti, che la questione non è affatto peregrina. Il turista “costa” in termini di costi dei servizi, impatto su altre attività economiche, “consumo” di territorio e aggressione al patrimonio naturale e artistico (e Venezia, lo proviamo ogni giorno sulla nostra pelle, è uno dei paradigmi mondiali di tutti i fenomeni elencati). Quindi, viene facile concludere, proprio perché il turista ha indubbi costi sociali e ambientali, buona norma è farlo “fruttare” il più possibile, in una logica appunto economica di costi/ricavi. In effetti, i commenti degli operatori e degli esperti nell’articolo di accompagnamento alla tabella sul Corriere del Veneto erano sostanzialmente tutti di questo tenore. Un florilegio di formule come “offerta di servizi di standard elevato”, “puntare sulla qualità”, “offrire al turista un’esperienza unica e autentica” e così via. Ed è tutto vero, certamente offrire al turista servizi di qualità, esperienze accessorie e aggiuntive rispetto allo scopo primario della sua visita sono tutti elementi positivi e certamente graditi all’ospite.
C’è però un retrogusto amaro in queste considerazioni. Perché, diciamolo, c’è la sensazione di un po’ di ipocrisia, che dietro queste formule eufemistiche si celi (legittimamente, s’intende) l’obiettivo di spremere il più possibile il turista, cosa che già riesce benissimo evidentemente in Umbria (333,6 € al giorno è una bella cifra). E proprio perché oggettivamente il turismo sta esplodendo e sempre più se ne evidenziano le ricadute negative, è evidente (e pure, ripeto, condivisibile) l’obiettivo di selezionare, a parte eccezioni particolarissime, i turisti più ricchi e alto spendenti. Quelli appunto che meglio compensano i disagi che provocano. Tanto per dire: nell’articolo prima citato, Arturo Lorenzoni, lamenta che a Padova non ci sia un albergo a 5 stelle..
Sia chiaro, la questione è complessa e tremendamente contraddittoria. Chi scrive è assolutamente a favore, per esempio, dell’applicazione per Venezia di un ticket di ingresso molto elevato per ricavarne risorse economiche da riversare nella città con l’obiettivo specifico di compensare gli effetti dell’overtourism e sostenere le economie urbane alternative e gli interventi di sostegno alla residenza (la ratio alla base del vecchio progetto Pass4Venice per intendersi). Ora, questa di Venezia è una situazione specifica, tipica delle emergenze mondiali dell’overtourism. Ma se l’indirizzo di selezionare per censo i turisti diventa generale, siamo oggettivamente di fronte a una strategia classista, per quanto parola sgradevole. Qualche disagio viene, a pensarci. Se perfino l’antagonista di Zaia per il centrosinistra (!) alle ultime Regionali. il Lorenzoni di cui sopra, si preoccupa dei turisti che a Padova non trovano alberghi a 5 stelle, resta l’impressione amara che si sia presa la strada di una società dove le famiglie che faticano a sbarcare il lunario sempre più troveranno difficile permettersi una vacanza, nemmeno breve e spartana, non di standard elevato, non un’avventura esperienziale, immersiva e eco-friendly e altre chiccherie che fanno tanto figo ma una banalissima vacanza, un momento di svago, soprattutto per i bambini. Lo esplicita molto bene, nel citato articolo di accompagnamento, l’autorevole prof. Van Der Borg con “è come vendere auto Dacia oppure Ferrari”. Non avrebbe potuto essere più efficace. Peccato però che, portando avanti la metafora del professore, è come se si dicesse “c’è troppo traffico, d’ora in avanti cerchiamo di far circolare solo coloro che si possono permettere la Ferrari”.
Insomma, fermo restando che è assolutamente comprensibile l’obiettivo da parte degli operatori di attirare solo turisti ricchi, e in particolare vi sono casi di overtourism in cui è assolutamente necessario restringere la possibilità di visita, si intravede in prospettiva un tema sociale non banale. Del resto, allargando lo sguardo, il problema non riguarda solo il turismo. Sono molteplici gli esempi di un sistema accogliente per pochi fortunati (le abitazioni, i servizi sanitari, l’assistenza anziani..) ed escludente per molti. La sensazione, insomma, è che si vada verso una società divisa tra privilegiati e non, più che in passato. Non è un bel pensare.
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