ON.PELLICANI, IL SUO EMENDAMENTO E’ COMUNISTA
31 Ottobre 2024Da Cronache della Galassia del nove novembre cinquemila ventiquattro
11 Novembre 2024Il sistema elettorale vigente nelle democrazie anglosassoni si definisce “First-past-the-post” che mutuando la terminologia degli ippodromi significa “il primo oltre il palo”.
Un sistema maggioritario secco, senza nessuna compensazione.
Negli USA in cui i partiti sono solo due questa regola determina inequivocabilmente il vincitore.
Trump il 5 novembre ha vinto il triplete (Camera, Senato, Grandi elettori). Ci aggiungiamo che dopo più di 20 anni i repubblicani sono la maggioranza anche nel voto popolare e la vittoria è così totale e incontrastata.
Nota di costume: lo schieramento dello star-system (cantanti, divi del cinema, personaggi illustri del variegato sistema televisivo americano) che i nostri giornaloni riportavano con grande evidenza di titoli e di commento quasi fossero la panacea, non ha portato nessun concreto supporto al risultato della Harris.
Quando il gioco si fa duro vale il principio “sono solo canzonette”.
Che dire? Le analisi del giorno dopo (tutti bravi!) mettono in evidenza debolezze ed errori dei democratici. Ma la vittoria, seppur netta sul piano della forma, presenta in ogni caso un grande Paese spaccato a metà: la differenza nel voto assoluto (popolare) fra i due schieramenti si misura in una percentuale che va tra il 3 e il 4%
Con il che sorgono spontanee alcune domande: il sistema ti consente di governare a tutti i livelli dell’organizzazione statale (federale) ma il consenso popolare?
Anche perché i risultati e le analisi dei flussi dimostrano come intere componenti sociali americane si siano spostate a favore di Trump pur in presenza delle sue affermazioni politiche fra le più tanchant e fra le più contraddittorie rispetto al sentiment proprio di quelle fasce di popolazione (Latinos, donne bianche, gli afroamericani).
Un bel groviglio di contraddizioni e di potenziali conflitti d’opinione, che le elezioni del mid term si incaricheranno di verificare. Perché fra due anni il neopresidente sarà sottoposto a questa verifica e il tempo a disposizione per realizzare la massa di promesse e slogan è davvero poco.
Groviglio frutto di un populismo spinto all’eccesso che non ha pagato dazio anche perché evidentemente dall’altra parte le promesse (perché sempre di promesse si tratta in campagna elettorale) non erano altrettanto appetibili.
Con il che la domanda di fondo da farsi è: quale (forma di) democrazia oggi vige nei paesi occidentali?
Nel più recente passato, appena trascorso, in UK la vittoria schiacciante del Labour Starmer ha dovuto fare i conti, praticamente dal giorno dopo, con una caduta di consensi che non trova una logica spiegazione, anche perché le politiche del Governo laburista non si discostano dalle assunzioni fatte in campagna elettorale.
Ritorna la domanda: come funziona la democrazia?
La vicenda americana la si può traslare tranquillamente anche in qualche “democrazia” europea per arrivare fino a casa nostra, in cui, senza colpo ferire, il populismo è la chiave di lettura e di interpretazione dell’atteggiamento politico sia nella coalizione di maggioranza (segnatamente in casa Lega e Fratelli d’Italia) che nello schieramento di opposizione (con Giuseppe Conte campione incontrastato).
Perché anche da noi, seppur radicalmente modificato nelle dinamiche con l’introduzione di una percentuale proporzionale di compensazione, vige un sistema elettorale maggioritario che permette di fare promesse a vanvera per accalappiare voti purchessia.
La campagna elettorale del centro destra è stata emblematica da questo punto di vista. Giorgia Meloni ha vinto le elezioni col suo “modesto” 26% grazie a una messe di promesse che il giorno dopo il suo insediamento al governo si sono liquefatte come neve al sole di fronte alla realtà dei fatti e ai vincoli dell’appartenenza alla UE.
Eppure il suo gradimento, a due anni da allora, non sembra declinare significativamente di fronte ai ripensamenti radicali e alle elargizioni modeste quanto inefficaci che ha innestato nelle due manovre di bilancio: l’adeguamento della pensione minima (3€ al mese) e il bonus di 100€ una tantum su base annuale alla fascia di reddito fino a 28.000€ sono le più clamorose dimostrazioni di insipienza e di inadeguatezza. Per non parlare del “contenimento” del fenomeno immigratorio con quell’operazione Albania che grida vendetta sul piano della logica e dell’efficacia.
Orbene Giorgia marcia ancora felice sulle ali dell’entusiasmo di coloro che hanno votato lei e la sua coalizione. E ancora una volta i giornaloni sono lì a belare e a non svolgere il loro compito principale: osservare, analizzare e informare.
Domanda: non è che l’opposizione sia del tutto inadeguata a fare il suo mestiere?
Che non è e non può essere solo quello di sollevare un giorno sì e un giorno anche questioni di “antifascismo” piuttosto che di “attacchi alla democrazia”, ma più concretamente quello di saper ascoltare e interpretare le istanze che sorgono dalla società che non è un moloch uniforme e incomprimibile, ma è composto da una variegata rappresentanza di soggetti tutti degni di ascolto. Lavoratori dipendenti come quelli autonomi, le imprese di Confindustria come tutto il mondo delle PMI e degli artigiani, il mondo degli studi come quello dell’agricoltura e così via.
Per fare cosa? Beh, innanzitutto per dare una sponda e un ancoraggio alle differenze di opinione e di valutazione ma soprattutto per essere in grado di fornire qualche ricetta concreta, praticabile e misurabile per le scelte che aiutino il Paese a uscire dalle secche.
Perché con un debito pubblico che ormai sfiora i 3mila miliardi (sic!): erano poco meno di 2.000 prima del Covid – e pensare che fra i populisti d’assalto c’era qualcuno che credeva che i fondi che l’Europa ci ha messo a disposizione per risollevarci dagli effetti economici provocati dal Covid fossero soldi “a gratis” – con una crescita economica saldamente ancorata da più di un ventennio a percentuali da prefisso telefonico c’è poco da ballare e c’è molto da temere.
Non che ci siano stregoni o fattucchiere che forniscano pozioni magiche atte alla bisogna, ma nemmeno con il mutismo o con la pervicace rincorsa alle battaglie sui diritti, unici temi sui quali la sinistra-centro è disposta a spendersi (le elezioni americane sono un buon punto di riflessione sull’assoluta parzialità di queste tematiche) puoi pensare di riuscire a catturare l’attenzione e portare dalla tua parte la maggioranza (relativa) dei consensi.
Che è un po’ anche quello che è successo dalle nostre parti, qui in Laguna, dove l’inefficacia, la protesta fine a sé stessa, il variegato mondo del NO lisciato e accudito con eccessiva disponibilità, contrapposto all’arroganza, all’indisponibilità all’ascolto, ad un uso schiacciante e prevaricante delle regole amministrative (modificate strada facendo per soddisfare il bisogno dell’uomo solo al comando) non hanno prodotto molto per non dire poco-pochissimo in questi ormai 9 anni di brugnareide.
Siamo ai prodromi di una campagna elettorale per il Sindaco che speriamo sia in grado di produrre qualcosa di più di un manifesto general-generico di cosiddette “parole d’ordine” buone per tutte le stagioni e per qualsiasi coalizione le facesse sue. Se qualcuno ha conservato i volantini-manifesto-programma delle tornate elettorali precedenti, li tenga a cuore e li usi come termine di paragone per la prossima imminente occasione: non sarà facile trovare differenze significative né nell’approccio, né nella retorica.
Magari sarebbe più utile ed efficace una proposta programmatica fatta di pochi punti, tutti concretamente praticabili nella prossima tornata amministrativa di 5 anni, perciò stesso misurabili e realizzabili.
Ci sbilanciamo e mettiamo tre titoli da riempire con le dovute ricette: se stai male vai dal dottore e ti fai prescrivere la ricetta che ti guarisce, ci vuole un po’ di tempo, ma di solito funziona – ecco con lo stesso approccio andrebbero elaborate quelle per affrontare i problemi del Comune
- la sicurezza, a Mestre è il tema dei temi,
- la reindustrializzazione di Porto Marghera da declinare in tutte le forme dettate dalla produzione materiale ma ancor più da quella immateriale,
- la rivitalizzazione socioeconomica di Venezia, intendendosi in questo caso la città insulare, da realizzare con una vera e propria cura da cavallo, perché la situazione ha raggiunto ormai livelli di emergenza assoluta, stretta fra il calo demografico, la rarefazione delle opportunità economiche declinate nell’unico comparto disponibile, il turismo e l’emergenza abitativa sia sul fronte della proprietà pubblica che della proprietà privata
Su alcune di queste Brugnaro aveva fondato le sue campagne con promesse roboanti, di grande effetto comunicativo e di altrettanto successo elettorale.
Un fact checking sarebbe utile quanto la chiarezza delle ricette per dimostrare ancora una volta che il populismo, figlio dei nostri tempi, e spinto da un sistema elettorale maggioritario in cui chi arriva primo vince tutto (o quasi) indebolisce il rapporto con i cittadini che tendono a privilegiare la figura del “candidato” piuttosto che puntare sui contenuti.
Salvo poi pentirsene e trovarsi ad ululare alla luna.