
Mercato, concorrenza, merito, stato essenziale ed efficiente
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20 Marzo 2025Tiene banco la presentazione del Piano per la Mobilità Sostenibile (PUMS) metropolitano – redatto anche con la partecipazione dei Comuni che hanno prodotto 183 schede di criticità – oggi nello status di adottato e in procinto di affrontare l’iter di approvazione vera e propria che culminerà nel voto del Consiglio Metropolitano (probabilmente il prossimo 11 aprile). Cerchiamo di vederne le parti di interesse strategico per il nostro Comune e segnatamente quelle sull’accesso alla città d’acqua.
Sgombriamo subito il campo dalla rumorosa novità sparata a caratteri cubitali sui giornali: una unica linea in Canal Grande, caratterizzata da passaggi continui e da mobilità lenta. In assenza di indicazioni più precise, proviamo a interpretare: mobilità lenta direi che è un tecnicismo per rappresentare una linea che fa tutte le fermate (escluderei che alluda al fatto che i vaporetti vadano ancora più piano di adesso). Unica linea va da sé e passaggi continui l’unica cosa che mi viene in mente è che si pensi a una frequenza molto elevata, poniamo per esempio che dimezzi l’attuale (da 12 a 6 minuti) intervallo. Il combinato di tutte queste informazioni porterebbe a pensare dunque alla (sola) linea 1 attuale con frequenza raddoppiata (o giù di lì). Verrebbe dunque meno la fondamentale linea 2 e segnatamente il collegamento diretto P.le Roma – Rialto. Se così fosse, sarebbe una decisione insensata, perché cozza con la tanto sbandierata esigenza di spostamenti veloci (per quanto possibile) per chi in città vive e/o lavora. Sarebbe una misura in netta controtendenza con la molto discussa difficoltà di trovare gente disposta a lavorare nella città d’acqua e con la necessità di facilità di spostamenti interni (parte fondamentale della narrazione Venezia è bella ma non ci vivrei) e impatta pesantemente sul già gravissimo tema di mantenere nel centro storico uffici e servizi essenziali. Interessa poco avere un vaporetto dietro l’altro ma se questo vaporetto ci mette una vita a portarti a destinazione, saranno forse felici i turisti (toh, guarda..) ma non certo i city users. Ma non mi allarmerei, probabilmente siamo di fronte a una boutade: nella monumentale (e quasi indecifrabile) mole di documenti che costituiscono il PUMS non sono riuscito a trovare traccia di quanto sopra anzi, mi si dice (e ringrazio l’amico Emanuele Rosteghin per la dritta preziosa), il Piano. che in effetti è metropolitano, non comunale, NON entra proprio nel livello di dettaglio delle linee del TPL. Del resto, il PUMS è uno strumento programmatico, non progettuale.
Molta enfasi inoltre viene data all’elettrificazione dei mezzi di navigazione. Si parla di vaporetti elettrici. In realtà mi risulta che si tratti di una propulsione ibrida diesel/elettrico a basso inquinamento (forse più pratico e fattibile anche come operatività). Direi una buona cosa, in generale, ma non ho dettagli maggiori e quindi non vado oltre.
Veniamo ora al focus di questo articolo ovvero al tema dei terminal di accesso, di cui si sa da tempo, che è quello che davvero ha concrete prospettive di essere messo in atto. Ovvero la realizzazione di un doppio terminal nel waterfront di fronte a Venezia (lato Pili e lato S. Giuliano) dove fermare il traffico automobilistico dei turisti. In più, viene proposta una linea di navigazione S. Giuliano – S. Giobbe (il cui imbarcadero sarà collegato con un percorso pedonale rapido con la stazione FS) e eventuale proseguimento verso la laguna nord.
Vorrei affrontare la questione con un approccio laico, ovvero senza alcun pregiudizio e condizionamento né ideologico, né politico (evitare, cioè, il bias per cui una cosa è giusta o sbagliata in relazione a quale schieramento politico la propone). E pure ignorando totalmente la circostanza che il terreno dei Pili appartiene al Sindaco, ancorché per il tramite del noto blind trust. Cominciamo con il comune denominatore di tutte le opzioni:
1. C’è una generale condivisione sull’obiettivo di diminuire il traffico automobilistico sul Ponte della Libertà riservandolo ai cosiddetti city users e renderlo un asse viario urbano (con, volendo, anche intriganti suggestioni di arredo urbano per il futuro). Detto in termini più terra terra, c’è una generale condivisione sull’obiettivo che i turisti non arrivino in macchina a P.le Roma e o Tronchetto.
2. C’è un altrettanto condiviso obiettivo di alleggerire il collo di bottiglia P.le Roma – stazione dal carico di transiti di persone, di ogni tipologia, spostando altrove ove possibile almeno parte dei flussi di turisti.
3. La soluzione per perseguire l’obiettivo del punto precedente è quella di individuare dei terminal esterni presso i quali intercettare il flusso automobilistico di visitatori.
A quanto sopra aggiungo una considerazione altrettanto generale e di fondo ma che spesso sfugge: la soluzione terminal tanto più pratica ed efficiente è, quanto più richiama turismo giornaliero (ovvero quello che tutti, almeno a parole, vorremmo diminuire) rispetto a quello stanziale, per l’ovvia considerazione che tanto più comodo è lasciare la macchina giù essendo “accompagnato” agevolmente a Venezia, quanto più ti viene voglia di una “toccata e fuga”. Ma è una contraddizione irrisolvibile. Pensiamo dunque a dove posizionare i terminal esterni.
Qui, il PUMS (ma soprattutto la volontà politica della Giunta) ha preso la decisione forte di posizionare il terminal alle porte della città, appena il Ponte incontra la terraferma. Anzi, due terminal, sia lato sud (Pili) che lato nord (S. Giuliano). Parcheggi a raso, possibilità di prendere il treno alla vicina stazioncina FS di Porto Marghera, o tram, o bus, alleviando così il traffico lungo il ponte di tutti i mezzi non di city users. Non solo: pure una linea di navigazione da S. Giuliano che si attesta a S. Giobbe e (forse) prosegue per le F.te Nove e quindi potrebbe essere utile per i lavoratori dell’Ospedale Civile che ha notoriamente difficoltà a reperire personale che non risiede nella città d’acqua perché scoraggiato dai tempi di raggiungimento. Dal punto di vista trasportistico una linea di navigazione che corre parallela ad un percorso terrestre di ben tre tipologie: bus, treno e tram, e dunque a questo alternativa, è un assurdo sia in termini di costi di esercizio (perché l’esercizio di una linea di navigazione costa un ordine di grandezza in più) sia di tempi di percorrenza (la velocità dei mezzi è incomparabile). Ma a parte questa discutibile trovata, va detto che è una soluzione della massima efficienza. Una soluzione, per quanto detto qui sopra, persino troppo efficiente e quindi pericolosamente in grado di costituire un elemento attrattivo per le visite in giornata.
L’alternativa, come arcinoto e da anni dibattuto, sarebbe di posizionare i terminal lontano dalla testa di ponte: uno a Tessera e uno a Fusina e di trasportare con linee di navigazione che puntino in posti lontani dal collo di bottiglia già citato. È peraltro lo stesso criterio che una ventina d’anni fa aveva portato a considerare il collegamento Tessera – Murano – Fondamente Nove – Arsenale con la sublagunare (progetto tramontato per l’opposizione – a parere di chi scrive sconsiderata – del mondo ambientalista). Una ipotesi molto suggestiva è, nell’ipotesi dei terminal Tessera e Fusina, realizzare una circle line, un cerchio mezzo in terra e mezzo in acqua che appunto colleghi i poli di Tessera e Fusina via tram in terraferma e via battello in laguna (con varie fermate intermedie in città). È precisamente la soluzione auspicata nel libro I Futuri di Venezia di cui mi permetto di riportare letteralmente il testo a questo proposito: facendo riferimento agli studi di Leonardo Benevolo per il nuovo Piano Regolatore Generale del Comune di Venezia (…) oggi appare non solo attuale ma anche strategicamente cruciale realizzare una circle line, una circolare terra-acqua, utilizzando proprio i terminali di Marco Polo e Fusina e i canali esistenti nel rispetto della fragile morfologia lagunare. Per realizzare quello che Benevolo aveva chiamato l’”abbraccio”, l’andamento delle rotte che ricordano il gesto di affetto, sono sufficienti due nuove brevi tratte di tram (…) e la realizzazione di stazioni efficaci di interscambio diretto tra tram e vaporetto.
Ora, dal punto di vista puramente trasportistico, le due soluzioni (chiamiamole per convenzione: terminal vicini e terminal lontani) presentano reciprocamente punti di forza e di debolezza. La soluzione terminal vicini costa (molto) meno in termini di esercizio, perché prevede molte meno linee di navigazione, è probabilmente più efficace nel limitare il traffico sul Ponte perché l’automobilista non informato “ci sbatte contro” mentre ai terminal lontani ci deve andare scientemente. Intercetta quindi anche la quota di automobilisti che vengono a Venezia senza una pianificazione del viaggio e puntano a P.le Roma. Di contro è molto meno incisiva della soluzione terminal lontani nel bypassare il collo di bottiglia di P.le Roma/stazione perché evita il collo di bottiglia solo per chi opta per il vaporetto che lo porta a S. Giobbe (e peraltro è tutto da stabilire che questa prenda carico, essendo in concorrenza con altre tipologie di trasporto più veloci e probabilmente meno costose). Mentre il bypass del collo di bottiglia nel caso della soluzione terminal lontani è totale.
Ma c’è un punto di debolezza pesantissimo che grava sulla soluzione terminal vicini ed è di natura urbanistica. Essa, infatti, ricade in un’area strategica e centrale, potenzialmente preziosa per sviluppi urbanistici di pregio. Lato S. Giuliano va a confliggere col Parco e ci piazza in adiacenza un parcheggio da (pare) 700 posti. E crea un sovraffollamento di funzioni: interscambio merci per il centro storico, accesso alle associazioni di canottieri, frequentazione del Parco e, appunto, parcheggio per turisti. Ma ancor peggiore è il footprint – mi pare che l’espressione inglese renda più plasticamente l’idea – sul lato Pili, oggi sì una landa desolata ma assolutamente strategica, un sito che si specchia sulla laguna, guarda alla Venezia antica, è baricentrico perché posto in mezzo tra le tre polarità urbane – Venezia, Mestre, Marghera – del Comune, è servitissimo dai mezzi ed è centrale nello sviluppo di un nuovo quartiere urbano che comprenda tutta l’ex prima zona industriale con funzioni di servizi, entertainment, cultura, istruzione) che superi la cesura urbana che oggi, proprio nel baricentro geografico, divide la città. Il compromettere l’affaccio sull’acqua più vicino alla città antica, proprio all’attestamento del ponte translagunare con parcheggi a raso e (facile immaginare) bancarelle di souvenir e bagni chimici.. non pare proprio una grande idea.
È dunque precisamente per motivazioni prettamente urbanistiche, di prospettiva, legate all’auspicabile sviluppo della città che la soluzione pensata dall’attuale Giunta va, nel merito (quindi al netto di ogni considerazione sul possibile conflitto di interessi del Sindaco), vista con molta, molta perplessità.
Chiudo con una chicca che offre lo spunto per tornare sull’opportunità di valutare sempre con oculatezza nuove linee d’acqua perché incidono sui costi di esercizio. Questa sotto è una tavola tratta dal PUMS da cui si evince (pare di evincersi quanto meno) la previsione che il ferry boat per il Lido parta da Fusina e non dal Tronchetto.
Ora, la cosa in sé non è irragionevole, anzi: la stragrande maggioranza dell’utenza del ferry boat certo non parte o si ferma a Venezia; quindi, portarsi direttamente in terraferma comporterebbe un risparmio di traffico sul ponte, di pura percorrenza, senza alcun valore aggiunto. Questo significa però (vedasi la cartina) più o meno raddoppiare la tratta acquea (quindi raddoppiare il tempo di navigazione), quindi probabilmente più mezzi a meno di non rivedere le frequenze di partenza; ma se si rivedono le frequenze forse diventa necessario prevedere mezzi più capienti, in ogni caso dunque la necessità di un piano capex e opex da rivedere completamente.. Un piccolo esempio per capire come tutte le decisioni trasportistiche, anche quelle sulla carta più ragionevoli e suggestive, devono sempre confrontarsi con la realtà dei numeri.