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11 Marzo 2024Le ultime elezioni in Sardegna, se mai ce ne fosse stato bisogno, ci hanno raccontato molto sulla maggioranza di governo e sulla Presidente del Consiglio. Hanno offerto nuove occasioni di riflessione a tanti italiani. Anche ai più irriducibili sostenitori della premier, quelli che… la Meloni è una fuori classe, la Meloni ha gli attributi, evviva la Meloni.
La politica, si sa, è terreno di scontro e di competizione. Un terreno in cui l’obiettivo è la sconfitta del nemico. Talvolta lo scontro è duro e spietato, senza esclusione di colpi, e ogni mezzo è buono per palesare le fragilità, i difetti, le crepe di chi sta dall’altra parte. Si punta alla vittoria che tanto più è schiacciante, tanto più si fa gustosa e godibile. À la guerre comme à la guerre, insomma. E avanti tutta.
Scontrarsi, però, non significa adottare un agire sfacciato, senza scrupoli, che bandisca ogni forma di rispetto nei confronti dell’altro. Scontrarsi non significa rinunciare a un codice etico che regolamenti i rapporti civili tra le parti in gioco. Vuol dire, invece, garantire e tutelare, pur nello scontro, dei valori essenziali che sono a fondamento del nostro vivere comune.
Max Weber, che è considerato uno dei fondatori della sociologia moderna, sosteneva che la dimensione etica è un inamovibile paradigma della politica e non può esistere piena vittoria se non è garantito il rispetto delle regole. Regole di lealtà, innanzitutto, e di rispetto reciproco tra i contendenti.
L’agire quotidiano della destra al potere non si muove proprio in questa direzione. In particolare la premier, forte del suo carisma e obnubilata da successi più presunti che reali, mostra i muscoli anche dove non è necessario, intervenendo in un alveo di pura autoreferenzialità, dove non c’è posto per l’ascolto e per il dialogo. Il suo comizio di chiusura della campagna elettorale in Sardegna è stato un trionfo di ingiurie e di irrisioni nei confronti dell’avversario. Per non parlare delle sue modalità di comunicazione: un cabaret di discutibile profilo in cui la presidente parafrasava le dichiarazioni degli esponenti del campo opposto ridicolizzandoli, irridendoli, facendo vocine e faccette buffe. Tutti ormai sappiamo che lei sostiene di essere “il presidente” (e non “la presidente”) perché incarna un’istituzione contemplata dalla Costituzione. Bene, dovrebbe ricordarsi allora della sacralità di questa altissima carica anche quando sollazza i suoi fan con battute e mottetti, senza dimenticare che se i suoi fan ridono, non è per l’arguzia delle sue battute, ma semplicemente perché è lei che comanda e che va assecondata. Ma, si sa, il potere dà alla testa!
Simili spettacoli si verificano solo se si è in preda alla fascinazione collettiva di un leader che fonda la sua forza esclusivamente sul carisma. Lo stesso Weber, pur riconoscendo la potenza trascinatrice e rivoluzionaria del leader carismatico, metteva in guardia dalla deriva autoritaria che può scaturire da un allargamento dei suoi poteri. E anche noi dovremmo esserne, quanto meno preoccupati.
La presidente Meloni racchiude in sé molte delle caratteristiche individuate dal sociologo: forte fiducia in se stessa, autodeterminazione, ambizione sfrenata, competenza, visione proattiva, eloquenza, retorica, obiettivi dissimulati (ma non troppo, nel suo caso) di affermazione personale. Se queste caratteristiche si sviluppano in tempi di crisi, di sfiducia nella politica, di paura per il futuro e di stress generalizzato della gente, ecco che diventa facile consegnarsi a una personalità così convincente, nella certezza che possa risolvere tutti i problemi. E a quel punto ciò che conta non è più il programma o il suo operato, ma è la sua mera presenza a creare consensi e ovazioni. Tuttavia, c’è un limite a tutto.
L’autostima della premier è giunta all’apice e il suo comizio in Sardegna lo ha dimostrato. Potrebbe però dare inizio alla sua parabola discendente. L’aggressività e la sicumera che hanno attraversato quel discorso sono state percepite da tutti, a destra e a sinistra. E sono sintomo di debolezza. La lezione di politici illustri che l’hanno preceduta dovrebbe averle insegnato qualcosa, ma il potere acceca e stordisce. D’altra parte l’elettorato italiano è molto mobile e per nulla fedele. Incline alle infatuazioni, non esita a voltare le spalle alla prima caduta. Una caduta personale di una leader che, diciamolo, dopo aver fatto suo un modo di far politica degno del maschilismo più convinto, forse si è un po’ troppo sopravvalutata. Non si può parlare di una sconfitta vera e propria, né di trionfo del centro sinistra, ma di sicuro ci troviamo di fronte al sintomo inequivocabile di una luna di miele che ha subito le sue prime incrinature.