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24 Settembre 2024Genius loci: così lo chiamavano gli antichi. I latini, s’intende. E con qualche arbitraria estensione del significato, si potrebbe dire che il genius loci è anche lo spirito di un certo luogo, di un determinato territorio, o meglio: lo spirito di una certa comunità umana locale.
Esiste davvero qualcosa del genere? Forse sì, un pochino esiste, fatte salve le debite eccezioni, s’intende, perché poi le persone sono persone e se ne trovano dovunque di ogni tipo, si sa. Ma ci sono davvero delle modalità di comportamento, degli atteggiamenti nel porsi in relazione con gli altri, che sono peculiari dei diversi luoghi?
Ora, senza arrivare alla caricatura dei Romagnoli che sono tutti cordiali e stravaganti e dei Piemontesi che sono falsi e cortesi, un qualche fondamento deve pur esserci in questi luoghi comuni.
Sicché, sentite che cosa mi è capitato di recente, reduce da un paio di mesi estivi di trasferta nel profondo Sud. Appena rientrato in terra padana mi vien fatto naturale di istituire dei confronti. Ecco, prendiamo ad esempio il caso dei commercianti, dei negozianti, dei bottegai, insomma.
In un paesino del Sud i negozianti sono (tipicamente) cordiali, gentili, aperti, disponibili e pazienti con il cliente. Sono, in modo naturale, simpatici ma senza affettazione. Lo sono, s’intende, mediamente: l’avverbio è d’obbligo perché i villani e gli scortesi li trovi dovunque, ad ogni latitudine.
Sicché, rientro in un altrettanto minuscolo borgo del Nord Italia e metto in fila uno dietro l’altro tre casi esemplari di ciò che mi appresto a dire. Primo caso. Siedo ad un bar. Tavolino all’aperto (si noti). Ordino un “cappuccio” e una fetta di torta e, mentre tento qualche telefonata, sfilo sovra pensiero un sigaro dalla scatola. Sfila anche, tra i tavoli, il titolare dell’esercizio e al volo mi dice che no, lì non posso fumare. D’accordo. Quando vado alla cassa lamento, ma in modo chiaramente giocoso, la eccessiva severità del divieto. Lo avrebbe capito anche un bambino che non stavo protestando e parlavo scherzando (e infatti un bambino ch’era lì l’ha capito).
Il titolare del locale mi rintuzza immantinente, senza traccia alcuna di spirito, dicendomi che una legge nazionale impone fino a quattro metri dall’ingresso del locale il divieto di fumo. Sicuramente è vero, lo ignoravo. Quantunque, valli poi a misurare i quattro metri. E poi magari a anche ad otto metri il vento porta lo stesso il fumo proprio nell’area del divieto…
Comunque, non è affatto il merito che qui discuto, bensì il metodo: è “il modo che ancor m’offende”. Il mio interlocutore, infatti, mi ha risposto con un misto di sospetto, con una malcelata veemenza, con il tono di chi si precipita a difendersi da un’eventuale contestazione dell’avventore (contestazione del tutto assente, nella fattispecie), con un certo piglio polemico preventivo, con l’aria di chi si affretta a risponderti per le rime, anche quando non serve, con inutile e scostante scortesia.
E vabbè, direte voi: è stato un caso. Capita. T’ha detto male. Senonché (secondo episodio) passo in tabaccheria e chiedo (si badi: chiedo) se posso pagare i miei sigari con la carta di debito. E quello, infastidito, mi risponde: “Gliel’ho già detto l’altra volta che qui i tabacchi solo in contanti”. Peccato che “l’altra volta” è una volta sola ed è stata un mese prima. “Senta – gli dico – mica posso ricordarmi di tute le rivendite che bazzico, tanto più che ormai la moneta elettronica è accettata dovunque anche per pagare un caffè. E poi guardi, l’avviso affisso qui accanto alla sua vetrina è piccolo e poco evidente, si confonde nella folla di altri annunci e pubblicità”.
Ora, di nuovo, io non voglio qui entrare affatto nel merito della liceità e legittimità di una simile perentoria richiesta di pagare in contanti (che peraltro reputo del tutto arbitraria). Discuto qui d’altro: del modo di porsi dell’esercente, del tono scortese e impaziente e sbrigativo – e non è mica che ci fosse una calca di avventori. Ora voi mi ripeterete: e va bene, il tabaccaio era di cattivo umore, un po’ scortese, d’accordo, ma capita. E io vi dico, per inciso, che in un paesino del Sud capita molto ma molto di meno mentre molto più spesso succede qui, nel milanese, dove tutti hanno sempre un po’ fretta e poi sembra che temano che altri possa non dare loro la dovuta importanza, come fossero solo dei comuni bottegai. Quali effettivamente sono.
Terzo episodio. Faccio pochi passi ed entro in una panetteria per acquistare qualche panino “da viaggio”, dico io (definizione palesemente inventata e scherzosa). L’esercente allunga la mano verso una cesta di panini proprio mentre io le sto manifestando la mia incertezza circa il tipo di panino più idoneo ad essere imbottito: quello lungo o quello tondo? Non saprei. La donna scatta come una molla, quasi risentita, per precisare che lei il panino lungo lo ha afferrato solo per mostrarmelo, mica per impormelo. Circostanza, quest’ultima, che io non le ho dato affatto adito di sospettare col mio atteggiamento.
Adesso mi si dirà: che iella! Sei incappato nel giro di un breve giro a piedi in tre negozianti piuttosto scorbutici, tutto qui, non farla lunga. Ma invece no, visto che non sono nato ieri e so anche leggere tra le righe: assai spesso l’atteggiamento-tipo del negoziante padano, o almeno di quello lombardo, è questo: come di chi volesse mostrarsi assai indaffarato, importante, tutto compreso nel proprio ruolo e guai a mostrarsi pazientemente disponibile col cliente: pari siamo, amico caro, e io non sono certo meno importante di te, caro avventore!
(Rovescio della medaglia, c’è sovente, da queste parti, l’atteggiamento apparentemente opposto, di una gentilezza affettata, melliflua, poco credibile, falsa. Il cliente ha sempre ragione, dice il discutibile adagio. Eppure, nei borghi del Sud Italia pare che sia proprio così: il cliente anzitutto).
Ora me li immagino i nordici che avanzano cento obiezioni ed eccezioni a quello che ho appena detto, magari un po’ risentiti verso questo maledetto meridionale che “come si permette, con tutte le cose che non vanno bene al Sud Italia e senti da quale pulpito viene la predica”.
Ma io resto della mia inossidabile quanto indimostrabile opinione: il genius loci della cordialità carente, compromessa da una vera e propria “fissa” dell’efficienza e della sacra professionalità – coi bottegai tutti compresi nel proprio ruolo e nella propria dignità di commercianti, alberga molto più nell’animo dei negozianti lombardi che non in quello dei bottegai meridionali. E spero che voi nordisti non ve la prendiate troppo: in fondo si sta solo scherzando…