
L’Europa davanti allo spettro della post democrazia
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14 Marzo 2025La politica estera -si chiama ancora così – sta scomponendo e ricomponendo i fronti del rapporto amico-nemico della politica (o se si vuole il rapporto sodale-avversario, per non cadere troppo nel lessico bellicista). La linea di faglia potrebbe riflettersi anche all’interno della nostra testata, ed è bene esserne pienamente consapevoli, per mantenere il carattere di rivista plurale senza sconfessioni reciproche. L’articolo di Lorenzo Colovini su questa stessa pagina (https://www.luminosigiorni.it/italia/lucraina-putin-trump-e-lopinione-pubblica/), che invito tutti a leggere, definisce in modo esemplare quali sono i posizionamenti e i ri-posizionamenti che il riarmo europeo ha generato e sta ancora generando. Quando si vive al presente non ci si rende mai bene conto se ci si trova in un momento cruciale della storia, oppure ci si trova in un qualsiasi mercoledì in cui non sta succedendo proprio niente. Ma alcune mutazioni, con quel che sta accadendo, si vedono e si sentono anche in un mercoledì di pioggia, in cui invece forse qualcosa è anche successo.
Non ci rendiamo ancora conto che le nostre famiglie ideali, quelle in cui alloggiavano più o meno gli stessi principi e gli stessi umori, le stesse posture nel guardare la vita e il mondo, stanno andando in crisi. Le nostre agende, i nostri indirizzari sono zeppi di contatti con persone che in più di mezzo secolo sono state insieme a noi nel fare cose simili per raggiungere, chissà mai, obiettivi più o meno condivisi. Nelle agende erano assenti gli altri, gli estranei, non dirò i nemici, ma insomma quelli che non erano dei nostri.
Ecco “i nostri” non sono più i nostri. Non tutti almeno.
Sta anche succedendo che questa scomposizione/ricomposizione per mille rivoli giunge alla politica interna, alle cose di casa nostra. Perché definisce atteggiamenti e retine diverse nell’osservare, giudicare e proporre anche il piano regolatore del comune di Pianiga.
Spiace doverlo dire – e l’analisi di Lorenzo è impietosa al riguardo – ma si definisce da una parte un fronte che mette insieme il menefreghismo più cialtrone con l’utopismo irenico e sognatore, si potrebbe dire mette insieme dalla stessa parte il massimo dell’egoismo con il massimo dell’altruismo e dell’universalismo. Da una parte. Dall’altra il fronte di chi con fatica cerca di mettere insieme principi irrinunciabili di libertà e giustizia, nemici del menefreghismo, con realismo e pragmatismo, concentrandosi sul domani concreto e non sull’escatologia, con tutto il rispetto per l’escatologia. Ho trascorso questi tredici anni da quando esiste questa testata a sgolarmi sul fatto che stavano saltando i paradigmi delle categorie sinistra destra, portavo prove, non lo dicevo a vanvera. Ho ricevuto rimbrotti, sorrisi di superiorità, irose repliche. Non provo nessuna soddisfazione postuma a dire oggi che qualche ragione l’avevo, ma l’avevo. Di fronte al riarmo europeo la cartina di tornasole dei posizionamenti è glaciale nel darmi qualche ragione sui paradigmi saltati di sinistra/destra. Di fronte al riarmo europeo, la cartina al tornasole dei posizionamenti è impietosa nel mostrare la suddetta perdita di senso del discrimine sinistra/destra.
Quel Partito Democratico che ho contribuito a fondare diciotto anni fa ieri a Strasburgo si è spaccato in due come una mela. Una parte si è unita a tutti i socialisti europei sul piano di riarmo voluto dal governo europeo, un’altra ha scelto la comfort zone dell’astensione per non mostrare la faccia dell’esser contraria. Il termine ipocrita lo si usa a proposito e a sproposito, ma questa astensione parla da sola nell’uso a proposito. Ogni altro commento è superfluo. Certo è che si fa strada una nuova egemonia più ancora che una nuova maggioranza. E anche qui mi prendo la soddisfazione di rilevare come l’Europa cerchi di rialzare la testa oggi con una maggioranza di larghe intese che ho cercato di ipotizzare anche a scala nazionale e persino cittadina, prendendomi fischi o pacche sulle spalle o buffetti ironici, facendo passare me per utopista. Ma se vince in Europa può vincere ovunque, basta crederci e considerare il bipolarismo, in cui ci siamo ficcati in Italia con masochistica convinzione, un errore. Comprensibile, ma un errore. A suo tempo quella maggioranza fu detta ‘Ursula’ e oggi Ursula in carne ed ossa, “ea donetta de mesa vigogna” come era stata descritta, si prende una bella soddisfazione e indica a modo suo la strada. Due terzi del Parlamento Europeo è con lei. Tecnicamente si direbbe una “maggioranza qualificata”. Mi piace pensare che la maggioranza virtuale in Italia e a Venezia sia la stessa e in questa e solo in questa mi riconosco. Oggi quantomeno. E in Italia e a Venezia vorrei contribuire a costruirla con pazienza, cominciando con il destrutturare le leggi elettorali vigenti che la ostacolano, almeno quella nazionale, lasciando qualche buona chance solo a quella comunale. Dove un’Ursula può sempre andare al ballottaggio o persino vincere al primo turno.
Sia chiaro. Spesso teorizzo che la realtà è complessa e che tra il bianco e il nero ci sono i grigi in mille sfumature e che essere tranchant è semplificatorio. È una filosofia interiore che non rinnego, ma ci sono momenti della storia, come questo sul riarmo europeo, in cui questa filosofia deve andare almeno provvisoriamente in pausa, perché la storia che corre non sempre ti consente vie di mezzo. Poi da domani torneranno le sfumature. Che si valorizzano proprio perché hanno delle eccezioni. Le quali, come ben si sa, confermano la norma.
Lo dico con sofferenza. Nel nuovo posizionamento dall’altra parte rispetto a me, oltre a questi astensionisti del PD, in qualche modo ‘sepolcri imbiancati’, ci sono persone con cui ho condiviso lunghi tratti di strada e che ‘sepolcri imbiancati’ non sono, anzi. Lo stesso Lorenzo nel suo articolo le considera, non facendo di ogni erba un fascio. Lorenzo riconosce al pacifismo senza se e senza ma, all’utopia della pace sempre e comunque l’onore delle armi (mai metafora fu più infausta). “Seconda stella a destra questo è il cammino”. Nella canzone così il cantautore indicava “L’isola che non c’è”. Ho vissuto tre quarti della vita pensando di trovarla. Oggi capisco che cercarla crea l’illusione che ci sia, invece non c’è proprio. Tornare con i piedi per terra, stare nella realtà, sporcarsi con la storia significa al contrario dare una chance all’utopia, quantomeno nel senso di avvicinarla senza raggiungerla, considerando l’avvicinamento un buon risultato. Il pacifismo di pura testimonianza è una posizione rispettabile, di cui apprezzo l’enorme buona fede, che tuttavia diventa complice dei carnefici nel momento in cui chiede alla vittima di mostrare l’altra guancia. E passa di fatto dalla parte dei carnefici. È un paradosso ma è così. Chi invoca pace e basta, rifiutando i distinguo tra torti e ragione, almeno se ne renda conto.
Non solo. La vicenda del riarmo europeo, a fronte dell’abbandono americano della solidarietà all’Ucraina, sta contribuendo a farci rileggere la storia degli ultimi ottant’anni, quella che si deve ancora osservare con i filtri politici del presente e che non si può ancora – come si dice – storicizzare, perché è ancora nel presente. La composizione e la ricomposizione dei fronti politici si proietta sul passato più recente. Gli amici di ieri, se mantengono la stessa lettura, si guardano oggi con un punto di vista diverso, improvvisamente disincantato, e lo stesso vale per i nemici, i mali assoluti di un tempo. Li si osserva con altri occhi, assegnando loro delle chance che mai nel passato avremmo dato loro. Si scoprono ragioni che diventano torti, torti che non appaiono più tali, tutto è in discussione. Per chi vuole discutere, ben s’intende. Io mi offro.