
RIGENERAZIONE URBANA Degrado cosa…?
26 Maggio 2023
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4 Giugno 2023Ci ha messo più tempo di quanto il Venezia aveva impiegato per tornare in serie A risalendo dal baratro dell’Interregionale ma finalmente, previo il nulla osta del Ministero della Giustizia (un passaggio meramente formale), il mondo della politica ha finalmente partorito il Protocollo Fanghi che annulla e sostituisce quello in vigore dal 1993 il quale, ironia della sorte, era nato come provvisorio (doveva valere solo 12 mesi) e applicarsi alle acque interne del centro storico (e non all’intera laguna, come invece è avvenuto fino ad oggi). È un evento, dunque, in qualche modo epocale. Vediamo di capire in parole semplici perché è così positivo.
Quando si scava in Laguna per qualsiasi motivo si raccolgono dal fondo fanghi e sedimenti, inevitabilmente. Ad oggi, sulla base dei criteri classificatori fatti in fretta e con la logica precauzionale (ricordiamo appunto che il Protocollo del 1993 era inteso essere uno strumento provvisorio e si pensava alla città, ovvero alla produzione di scavo dei canali interni), i fanghi sono automaticamente classificati come rifiuti potenzialmente tossici e nocivi. Tutto il prodotto di scavo, indifferentemente. Questa circostanza ha avuto molte implicazioni (tutte negative):
- si doveva conferirli a discarica. La discarica è la famigerata Isola delle Tresse che trabocca di materiale, che ha molteplici problemi di contenimento e impermeabilizzazione (ovvero sussiste la spada di Damocle dello “sgocciolio” di fanghi in acqua). Nel corso del tempo si è progressivamente alzato il livello del terreno (per appunto aumentare la capacità) ma resta il fatto che il combinato disposto dei rischi di tracimazione e della capacità di stoccaggio ha rappresentato negli anni un problema enorme;
- il conferimento a discarica è estremamente costoso (ultimo prezzo che mi risulta è 13.7 €/mc e capiamo bene che si parla di produzione di migliaia di mc di sedimenti prodotti) e quindi impatta sul costo degli interventi in modo significativo;
- ma soprattutto: oggi tutti i sedimenti recuperati vanno letteralmente “buttati via” mentre, in grandissima percentuale, questi non sono fanghi nocivi e sono riutilizzabili per la ricostruzione e il ripascimento delle barene. Segnatamente, il problema della perdita di sedimenti in mare (attraverso soprattutto il Canale dei Petroli), stimato in circa 600.000 mc all’anno è una circostanza che conduce al fenomeno della cosiddetta “marinizzazione” della Laguna denunciata con preoccupazione (e giustamente) dagli ambientalisti. In sintesi: in assenza del nuovo Protocollo veniva trattata come immondizia una risorsa ambientalmente preziosa.
Con l’approvazione del Protocollo si prevede che i fanghi vengano classificati sulla base dell’analisi della loro composizione chimica ed eco-tossicologica. In particolare, si individuano la Classe A (riutilizzabili senza alcuna precauzione perché non tossici per la ricostruzione di barene erose e zone depresse), le Classi B e C, con un grado di tossicità ridotto, di cui è consentito il riutilizzo purché gli interventi (di ripristino e recupero di isole) prevedano una serie di precauzioni, in particolare la classe C deve comportare il confinamento del materiale per garantire qualsivoglia rilascio di specie inquinanti a seguito di processi di erosione, dispersione ed infiltrazione di acque meteoriche e/o sommersioni per alta marea.
Dalla classe D “in su” i fanghi sono considerati irrimediabilmente irrecuperabili il cui destino rimarrà l’isola delle Tresse. Ora, la stragrande maggioranza dei fanghi prodotto di scavo è di classe B e quindi può essere recuperata e riutilizzata.
Ne consegue che il nuovo Protocollo fornisce una maggiore libertà di azione per operare gli interventi di scavo in laguna, segnatamente i dragaggi necessari al mantenimento della quota dei canali navigabili per garantire la piena operatività del Porto. Ed è verosimilmente proprio questa circostanza, a pensar male (ma, come diceva Andreotti, a pensar male spesso ci si azzecca), che ha reso così tribolato l’iter del nuovo Protocollo. Perché l’assenza del Protocollo era strumentale precisamente a rendere complicata e costosa l’attività di scavo in quanto tale e, per un certo ambientalismo fanatico, qualsiasi scavo in Laguna ne rappresenta un vulnus alla supposta integrità e quindi foriero di disastri. In realtà è esattamente il contrario, come si è cercato di argomentare. Resta la distorsione concettuale dell’impostazione: un po’ come se, mi si passi la similitudine, per diminuire gli incidenti stradali anziché prevedere maggiore severità nel rilascio della patente, maggiori controlli della Polizia sulle strade o quant’altro, si rendesse difficile fare.. il pieno di benzina! L’opportunità o meno dei vari interventi di scavo deve essere dimostrata, di volta in volta nel merito, non con una zeppa a priori che rende complicato l’intervento. A proposito del tema opportunità, torna in mente quanto già illustrato qualche tempo fa https://www.luminosigiorni.it/2022/07/stanno-uccidendo-il-porto/ sul Piano Morfologico. In quella sede circostanziavamo come la bocciatura da parte della Commissione VIA del Ministero dell’Ambiente era condizionata e viziata da una premessa scorretta (e, ancora una volta, dall’esito opposto alla tutela ambientale che si prefigge). Ma, almeno, era concettualmente la sede corretta, ovvero una discussione sul merito degli interventi da fare, mentre ostacolare gli interventi privando il sistema di uno strumento “tecnico” necessario, come appunto il Protocollo, era un escamotage obliquo che ora finalmente non sarà più possibile.
Non a caso, si sono già alzate le grida di allarme delle vestali dell’ambientalismo che denunciano l’approvazione del Protocollo come l’anticamera di una “licenza di uccidere” che consentirà di scavare dissennatamente da tutte le parti; in particolare agita i sonni di costoro la possibilità dragaggio del Canale Vittorio Emanuele e quindi l’eventualità teorica che alcune navi (sotto una certa stazza) raggiungano di nuovo la Marittima. Non è così: semplicemente l’approvazione del Protocollo toglie di mezzo un ostacolo improprio. Certo, resta molto da fare, in primis il Piano Morfologico di cui sopra e la tanto attesa messa in operatività dell’Autorità della Laguna, ma almeno un problema è stato risolto.
Una chiosa politica: è un fatto che l’approvazione è avvenuta vigente un Governo di destra. Ed è per certi versi paradossale che questo Governo, che certo non sta dando gran prova di sé quanto a pragmatismo e capacità manageriale, vedasi la gestione della partita PNRR (dove è sempre più chiaro che non sa che pesci pigliare), sia riuscito in quest’impresa in cui tutti i precedenti avevano fallito. Forse è un caso, forse no. Io tendo a pensare che non sia stato estraneo a questo risultato il fatto che nessuno dei (molti) Ministri interessati abbia nel suo Partito una lobby interna più o meno dichiarata, più o meno influente, di ambientalisti ideologici. Non è, sia chiaro, un’accusa ai parlamentari nostrani di centro sinistra che negli anni si sono presi a cuore il tema. Per esempio, Andrea Ferrazzi si è molto speso nella scorsa legislatura proprio per sbloccare il Protocollo Fanghi e gliene va dato atto. Ma semplicemente una constatazione di quanto un certo tipo di ambientalismo costituisca un freno a mano tirato nel centro sinistra. Vale a livello nazionale e, moltissimo, varrà a livello locale in relazione alle prossime elezioni del Sindaco. Il variegato mondo che oggi è all’opposizione della Giunta Brugnaro spazia da posizioni come quelle del Terzo Polo, del tutto allineate alle ragioni di contemperare ambiente e sviluppo – Azione in particolare ha subito plaudito all’approvazione del Protocollo – all’ambientalismo estremo contrario a tutto (e massime quando si tocca il tabù della Laguna). Vi è una corrente di pensiero che vorrebbe costruire una grosse koalition che unisca questo spazio. Trovo che sarebbe un esito pericolosissimo perché anche ammesso che fosse in grado di conquistare Cà Farsetti ma non sarebbe all’altezza della sfida della modernità che dovrà affrontare questa città. Proprio perché vi si trovano visioni assolutamente antitetiche. E non consola che nello stesso partito centrale di questo campo, il PD, coesistano queste anime contrapposte. C’è da augurarsi che si abbia la saggezza di costruire una candidatura competitiva e non schiava del ricatto di una minoranza che gode di grande visibilità sui media ma è appunto una minoranza.