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La media spettatori in campionato è stata di 6.700 (ovviamente strasuperata nelle due partite di playoff giocate in casa). Numeri che non sono nulla rispetto a certe piazze, pure di serie B, (il Venezia è solo 12esimo per spettatori nel campionato cadetto) ma che per Venezia sono assolutamente stellari. Aver riempito il Penzo di tifosi festanti e appassionati come non mai è stata un’impresa sicuramente più speciale e difficile che la promozione stessa. Perché il tifoso veneziano è storicamente un tifoso difficile, ipercritico, pretende lo spettacolo e di vincere (spesso al di là di ragionevoli aspettative). Non regala tifo sfegatato e amore incondizionato. E poi c’è la vexata quaestio della scomodità del Penzo, l’oggettiva complicazione a raggiungerlo (non tanto per chi sta nella terraferma veneziana ma per chi viene dalla provincia). E il calo demografico generale, i veleni del passato (per fortuna: del passato) su colori della maglia e denominazione della squadra. E invece, il miracolo: abbiamo assistito a un tifo appassionato e incessante, visto molti giovani (e molte donne!) allo stadio e non solo i soliti vecioti. Un pubblico caldo e partecipe che, come ribadito più volte dagli stessi giocatori, ha dato una spinta formidabile a chi combatteva in campo. Tutto questo in altre città sarebbe una cosa normale ma, per quanto sopra, a Venezia fino ad oggi non lo è stata affatto. Mentre sono proprio queste cose normali che creano la città, che danno ossigeno a una comunità, la rendono coesa, fanno ritrovare l’orgoglio di vivere qui e fanno parlare di Venezia non solo come benchmark negativo mondiale dell’overtourism, o lamentazioni più o meno apocalittiche. Certo, sono cose frivole.. ma non siamo al panem et circenses (come sicuramente qualcuno sentenzierà): anche avere la squadra di calcio in serie A è un fattore di attrattività, una funzione di rappresentanza del territorio circostante (si pensi all’Udinese: è la squadra dell’intero Friuli, non della sola Udine), un elemento di richiamo per vecchi e nuovi abitanti, insomma un tassello del mix di ricette da applicare per far sì che Venezia possa aspirare a dirsi “capitale”.
Perché una città può dirsi tale solo se nel suo territorio sono presenti tutte o quasi le funzioni direzionali e centrali dell’area vasta di cui appunto aspira ad essere tale (ed è per questo che sbaglia, nonostante il fascino irripetibile del Penzo, chi contesta lo stadio prossimo venturo nel Bosco dello Sport). Le funzioni di cui sopra sono, come ovvio, primariamente di tipo istituzionale e produttivo di beni e servizi ma pure di carattere culturale (anche in senso lato) e relativi all’intrattenimento. Anche appunto la squadra di calcio.
Due parole doverose agli artefici di questo trionfo. Che sono 5: 1) il Presidente Duncan Niederauer, 2) il Direttore Sportivo Filippo Antonelli, 3) il tecnico Paolo Vanoli, 4) la squadra, 5) i tifosi.
Niederauer ci ha messo soldi, passione (straordinario un presidente che fa il tifo in curva assieme alla moglie) e “testa”, quando ha capito in tempo che la barca stava affondando per colpa di scelte non azzeccate, sia tecniche che finanziarie. Ha imparato dai suoi errori (non è da tutti) e soprattutto ha corretto la rotta imbroccandole tutte. Dal Direttore Sportivo Antonelli, a cui dobbiamo la scelta di pedine tutte utili (anche certi preziosi prestiti che l’anno scorso sono stati essenziali), facendo le nozze coi fichi secchi, all’allenatore Vanoli, che ha dato alla squadra un’impronta tecnica, un bel gioco, ha scoperto e/o rivitalizzato giocatori, molti dei quali sono cresciuti moltissimo, e ha trasmesso ai suoi ragazzi quella feroce determinazione che si è vista nei playoff. In questa promozione il peso specifico dell’allenatore è stato pesantissimo, molto più di quello di Paolo Zanetti nel 2021.
Se, come pare, andrà al Torino sarà una perdita dolorosissima. E poi c’è la squadra.. sarebbe inutile (del resto i giornali hanno giustamente dedicato pagine e pagine ai protagonisti) citare l’uno o l’altro degli eroi, ai quali va un collettivo grazie per la coesione, l’impegno e anche il bel gioco dimostrato in più di una circostanza.. C’è da augurarsi che si riesca a trattenere i pezzi più pregiati, la società dichiara di non avere intenzione di vendere (e del resto con gli introiti garantiti dalla seria A non ce n’è la necessità stretta) ma è chiaro che in serie A, con gli argomenti finanziari della maggior parte dei club, siamo un vaso di coccio tra vasi di ferro. Vedremo. E massima fiducia ad Antonelli.
Del pubblico abbiamo già detto.. resta solo da dare a tutti un arrivederci sugli spalti del Penzo a soffrire (perché ovviamente ci sarà da soffrire). Adesso però è il momento della festa.